Aiuto, si sta restringendo il G7! Macron cerca alleati sul commercio

David Carretta

A Taormina c’è chi parla di G6, la leadership americana imprevedibile fa compattare gli altri. Il ruolo dell’Eliseo (e degli altri)

Bruxelles. Molti a Taorimina hanno avuto la sensazione che il G7 si stia restringendo ulteriormente (c’era un 8 fino a qualche tempo fa, quando c’era la Russia), e che sia ora di fatto un G6. Aldilà delle belle parole sull’impegno comune contro il terrorismo, le sette grandi potenze non sono in grado di trovare un comune sentire sui grandi temi internazionali a causa per lo più dell’assenza di una linea politica chiara dell’Amministrazione presieduta da Donald Trump. Imprevedibilità, improvvisazione, incompetenza: la causa non è solo il temperamento di Trump. I capi di stato e di governo di Germania, Francia, Italia, Regno Unito, Canada e Giappone si aspettavano un po’ di chiarezza, quattro mesi dopo l'ingresso alla Casa Bianca. O almeno la possibilità di discutere con franchezza di quel che si può fare insieme.

 

Venerdì i leader hanno prodotto una dichiarazione sulla lotta al terrorismo, l’argomento più facile, tanto più se il bersaglio diventa internet. Ma anche sulla battaglia comune contro il terrorismo pesano le fughe di notizie dell’Amministrazione Trump. Le difficoltà a redigere una dichiarazione finale, le divergenze sulla Russia, gli approcci in conflitto sull’immigrazione e le incognite che pesano sul clima e commercio hanno confermato che “l’Amerca first” di Trump è un gioco a somma zero. “Questo sarà il G7 più difficile da anni a questa parte”, ha riconosciuto con il suo usuale candore il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk. Senza la superpotenza il mondo sarà più difficile. Almeno il G6 ha un’ancora di stabilità, la cancelliera tedesca Angela Merkel. E ha un leader fresco di mandato forte, il presidente francese Emmanuel Macron che vuole affrontare con “pragmatismo” la nuova configurazione dell’occidente. La Russia, su cui sono emerse divisioni con gli europei aldilà della questione sanzioni sull’Ucraina che Trump ha confermato, è il banco di prova più significativo in mancanza di leadership americana. Macron affronterà direttamente Vladimir Putin lunedì a Versailles. “Dialogare non significa allinearsi”, ha spiegato il portavoce del governo francese, Christophe Castaner.

 

A Taormina, come il giorno prima a Bruxelles, Macron ha parlato soprattutto di clima. Questione di orgoglio francese, visto che in gioco c’è l'accordo di Parigi. Il presidente francese ha lanciato un appello a evitare decisioni “affrettate”. Alcuni suoi consiglieri hanno spiegato che Trump non è insensibile e che sta ancora valutando. Ma molto più del clima è il commercio il settore in cui il G6 dovrà dimostrare resilienza. Il pericolo di una guerra commerciale tra gli occidentali è reale: durante l’incontro con Tusk e il presidente della Commissione Jean Claude Juncker giovedì Trump ha mostrato ostilità contro la Germania e il suo surplus commerciale (“i tedeschi sono il male” perché vendono milioni di auto negli Usa, “li bloccheremo”). Nello stesso incontro – ha raccontato la Suddeustche Zeitung – il principale consigliere economico di Trump, Gary Cohn, avrebbe dimostrato di non conoscere come funziona la politica commerciale dell’Ue, con un’unica tariffa per tutti gli stati membri. Gli europei temono anche una rimessa in discussione dell’Organizzazione mondiale del commercio. Tusk e Juncker hanno ottenuto un accordo di principio di Trump per costituire un gruppo di lavoro che dovrebbe permettere di imbrigliare gli istinti protezionisti del presidente americano sulle questioni globali e bilaterali. Secondo alcuni osservatori, il miglior asset di Macron potrebbe essere proprio Cohn, ex presidente di Goldman Sachs, di scuola reaganiana. Il pragmatismo macroniano è far capire a Trump che gli avversari non sono i membri del G7 o l’Omc, ma la Cina e gli altri free rider. In un colloquio con Theresa May, il presidente francese ha ricordato la necessità di “reciprocità” e ha sottolineato che l’approccio europeo a volte è stato “troppo naif”. Per Macron “c’è una posta in gioco politica forte nei confronti delle nostre opinioni pubbliche in un contesto di progressione dei populismo”, ma “è importante che tutti evolvano nello stesso quadro di regole multilaterali”.

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