Foto LaPresse

Trump esce dall'accordo di Parigi e ricrea un clima da America First

Il presidente americano si riserva di decidere sull'accordo, ma fughe di notizie danno l'uscita imminente. Lo scontro interno

Washington. Su Twitter Donald Trump ha scritto, questa volta senza refusi virali, che annuncerà la decisione sull’accordo di Parigi “nei prossimi giorni”, ma dalla Casa Bianca più incontinente a memoria d’uomo i consiglieri del presidente hanno già spifferato il verdetto: gli Stati Uniti usciranno dall’accordo climatico firmato lo scorso anno ed entrato tecnicamente in vigore pochi giorni prima delle elezioni presidenziali. E’ stato il sito Axios a riportare per primo la notizia, citando fonti anonime dell’Amministrazione. L’opera di persuasione esercitata dagli alleati europei durante il viaggio di Trump, rinforzata dall’iniziativa del segretario di stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin, non sono stati sufficienti a convincere il presidente americano a ratificare un accordo radicalmente in contrasto con il sentire del suo elettorato più intransigente. I minatori di carbone di West Virginia e Wyoming non avranno indietro i loro posti di lavoro, erosi negli ultimi decenni dall’evoluzione generale del mondo dell’energia, ma è quello che Trump ha promesso loro. Per questi elettori l’accordo di Parigi è un simbolo che riassume molte brutture del presente: la santimonia degli alfieri del cambiamento climatico, gli effetti nefasti della globalizzazione, l’Onu.

 

La decisione – e questa è una regola generale dell’Amministrazione – può ancora cambiare da qui al momento dell’annuncio ufficiale. Trump aveva deciso di uscire dal Nafta, il contestato trattato commerciale con Messico e Canada firmato ai tempi di Clinton, ma all’ultimo momento alcuni consiglieri più moderati e i dialoghi con i partner internazionali lo hanno convinto a desistere. Anche su Parigi, Trump ha creato lo spazio necessario per lasciare che le due fazioni contrapposte all’interno della Casa Bianca ingaggiassero un serrato duello per convincerlo. Avrebbe potuto inserire l’uscita dal trattato nell’ordine esecutivo con cui ha smantellato il piano di Obama per il contrasto ai cambiamenti climatici, invece ha preferito aspettare la sfida da reality show.

 

Da una parte si sono schierati i nazionalisti capeggiati da Steve Bannon, stratega di nuovo in ascesa dopo un periodo di relativa perdita d’influenza, e Scott Pruitt, il capo dell’agenzia per la protezione dell’ambiente. Pruitt è stato scelto per quel ruolo proprio perché è convinto che l’organo che presiede vada abolito. Dall’altra ci sono Ivanka e Jared Kushner, che scaltramente hanno abbracciato il ruolo di “moderatori” del presidente, con il sostegno di Rex Tillerson, segretario di stato che ha mostrato ampiamente il suo sostegno a un accordo che soltanto due nazioni nel consesso onusiano non hanno sottoscritto: la Siria e il Nicaragua. Il Nicaragua lo ritiene troppo blando. Le frizioni con gli alleati europei e una lettera firmata da ventidue senatori repubblicani, fra cui il leader Mitch McConnell, hanno ricordato al presidente le promesse fatte in campagna elettorale. I senatori hanno messo in chiaro che la permanenza nel consesso di Parigi avrebbe cancellato nella sostanza gli effetti del decreto sul clima.

 

Dall’account Twitter ufficiale, l’Onu ha scritto che “il climate change è innegabile” e le “soluzioni climatiche offrono opportunità senza precedenti”. non ha citato Trump, ma il destinatario principale del messaggio non era certo il Nicaragua. Nel frattempo il Financial Times è entrato in possesso di documenti su una trattativa in corso fra l’Unione europea e la Cina per contrastare un’eventuale uscita americana dall’accordo. Un riallineamento che sembra esemplificare lo spirito delineato da Angela Merkel dopo il burrascoso passaggio di Trump a Bruxelles e Taormina. “E’ la fine del secolo americano”, ha scritto l’ex ambasciatrice all’Onu, Samantha Power. Trump, tuttavia, non ha promesso un secolo americano, ha promesso il secolo dell’America First.

Di più su questi argomenti: