Torna un duro alla Cia
Era “il principe oscuro” quando dava la caccia ai capi di al Qaida, ora comanda le operazioni d’intelligence anti Iran
Roma. Ieri il New York Times ha pubblicato un articolo molto enfatico per annunciare che l’Amministrazione Trump ha nominato un nuovo capo per la divisione della Cia che si occupa delle operazioni contro l’Iran, si chiama Mike D’Andrea e ha ben due nomignoli accattivanti: “Il principe oscuro” e “Ayatollah Mike”. Il nome non suona nuovo agli addetti ai lavori perché è stato per quasi dieci anni direttore del temuto Counterterrorism Center, il Ctc, tra il 2006 e il 2015. In teoria l’identità di D’Andrea, che sul lavoro era indicato con il nome in codice “Roger”, non dovrebbe essere pubblica perché lui si occupa di missioni clandestine e per questo quando il Washington Post fece un paio di pezzi-ritratto nel 2012 e nel marzo 2015 non la rivelò. Ma nell’aprile di quell’anno il New York Times scrisse il suo nome nero su bianco dentro un articolo – “perché ricopre una carica importante nell’Amministrazione”, si giustificò – e fece saltare l’anonimato. Male, perché D’Andrea è l’uomo che ha inferto i danni maggiori ad al Qaida a detta delle fonti dei giornali americani e dal suo posto di comando in Pakistan ha guidato la caccia a Osama bin Laden e anche il programma di sorveglianza, caccia e uccisioni mirate dei capi di al Qaida con i droni armati di missili. Quando arrivò alla stazione Cia di Islamabad per assumere il suo incarico i droni americani colpivano in media tre volte l’anno. Nel 2010, quattro anni dopo, i raid con i droni furono 118. Fu sua la proposta di allargare le operazioni dei droni con l’adozione dei cosiddetti “signature strike”: in breve, prima di D’Andrea le unità della Cia dovevano tallonare il bersaglio di al Qaida per mesi, essere sicure che fosse proprio lui e chiedere l’autorizzazione al presidente Barack Obama; dopo, fu sufficiente che i bersagli si comportassero da terroristi di al Qaida. Un veicolo carico di uomini armati che si allontanava da una casa controllata da al Qaida poteva essere distrutto grazie alla regola più lasca. Questo portò anche a un aumento degli errori e delle vittime civili.
I giornali americani sono generosi di particolari da serie televisiva a proposito del Dark Prince: veste spesso di nero, ha una brandina per dormire in ufficio, fuma tantissimo, è un maniaco del lavoro (“Cosa fai per divertirti?”, gli chiede un collega: “Lavoro”) è musulmano perché si è convertito per sposare la moglie musulmana conosciuta durante il servizio all’estero (sì, il capo del programma droni della Cia per eliminare i capi di al Qaida è musulmano, ora potete sintonizzarvi di nuovo sulla visione del mondo in bianco e nero). I colleghi lo temono e lo rispettano. Entrò in rotta di collisione con il presidente Obama perché la Casa Bianca temeva che la Cia stesse tradendo la sua missione originale – raccogliere informazioni da offrire a chi prende le decisioni – e che si stesse tramutando in un esercito clandestino con poca supervisione. L’uccisione per errore di due sequestrati in mano a rapitori di al Qaida – uno era il cooperante italiano Giovanni Lo Porto – dentro un covo distrutto da un drone ebbe il suo peso nello scontro con Obama, che voleva una Cia meno armata e decise che il programma droni fosse spartito con il Pentagono, perché i militari sono più trasparenti e più facili da inchiodare alle loro responsabilità. La nomina così strombazzata di D’Andrea, nella Cia del falco anti Iran Mike Pompeo, è letta come un segnale bellicoso contro il governo iraniano, con il quale l’America ha siglato il patto nucleare nel luglio 2015 ma che l’Amministrazione Trump considera “specialista dell’inganno”.