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La difesa Ue prende forma assieme alla svolta interventista di Merkel

David Carretta

La cancelliera è convinta della necessità di trasformare la Germania da semplice potenza economica in un attore militare e diplomatico decisivo nel mondo

Bruxelles. Nel cantiere per ristrutturare l’Unione europea che si aprirà al termine del ciclo elettorale in corso nei suoi più importanti stati membri, la difesa potrebbe diventare il pilastro più facile da costruire: la cancelliera tedesca, Angela Merkel, si è convinta della necessità di trasformare la Germania da semplice potenza economica in un attore militare e diplomatico decisivo nel mondo. Un preludio di ciò che aspetta l’Ue sarà presentato oggi dalla Commissione di Jean-Claude Juncker, con il quarto “documento di riflessione” sul futuro dell’Europa, dopo quelli su politica sociale, globalizzazione e zona euro. L’Alto rappresentante Federica Mogherini, che dopo il referendum sulla Brexit è riuscita a creare un consenso tra gli stati membri sul rafforzamento degli attuali strumenti nel settore militare, dovrebbe svelare tre scenari per il futuro della Difesa europea all’orizzonte 2025. Il più modesto prevede di continuare sulla strada della “cooperazione” occasionale. La via intermedia è una politica di sicurezza e difesa “condivisa” fatta di maggiore collaborazione sul fronte delle commesse militari e delle missioni internazionali. Con l’opzione più avanzata l’aggettivo “comune” avrebbe finalmente senso: integrazione degli eserciti nazionali, pronti a essere dispiegati da un comando a Bruxelles, con piani di difesa sincronizzati e definizioni di priorità a livello europeo. L’esercito europeo può attendere, ma lo scenario più ambizioso di Mogherini ci si avvicina. “Senza la conversione di Merkel, non sarebbe stato possibile immaginare un balzo di questo tipo nella difesa europea”, spiega al Foglio un diplomatico europeo.

 

La conversione di Merkel a un maggiore interventismo non è iniziata con il discorso del 28 maggio sull’Europa che deve “prendere il suo destino in mano”: Merkel aveva pronunciato più o meno le stesse parole a novembre, subito dopo l’elezione di Trump. E’ almeno dal 2014 – da quando la Russia ha annesso la Crimea – che Merkel e altri membri dell’establishment a Berlino cercano di far cambiare idea a un’opinione pubblica tedesca profondamente pacifista. Il presidente della Conferenza per la Sicurezza di Monaco, il superdiplomatico Wolfgang Ischinger, ha spiegato all’Economist che “fino a 3 o 4 anni fa” non avrebbe immaginato la Germania pronta ad assumersi un ruolo militare globale. “Ma le cose cambiano rapidamente”, ha detto Ischinger, citando l’invio di truppe tedesche in Mali e Lituania. “Quando Helmut Kohl era cancelliere, il pensiero dominante era che mandare soldati tedeschi all’estero fosse una pessima idea perché avrebbe ricordato alla gente le atrocità commesse da altri soldati tedeschi nella Seconda guerra mondiale”, ha ricordato Ischinger: oggi è in corso una “rivoluzione silenziosa sulla Difesa, in parte fuori dagli schermi radar dell’opinione pubblica”.

 

La storia continua a pesare per la Germania e così il quadro di riferimento per un ruolo militare più attivo nel mondo non può che essere l’Ue. Trump e la Brexit offrono a Merkel una scusa da usare con l’opinione pubblica. L’elezione di Emmanuel Macron in Francia rappresenta un'altra svolta. Ischinger si spinge a evocare l’intesa tra Helmut Kohl e François Mitterrand che negli anni 80 e 90 scrivevano lettere prima di ogni Consiglio europeo “aprendo la strada a decisioni significative per l'Ue”. La nomina dell’ultra-europeista Sylvie Goulard a ministro della Difesa francese dimostra che anche Macron vuole fare sul serio. La difesa è anche il settore in cui è giuridicamente più facile far avanzare l'Ue, perché non serve modificare il trattato. “La politica di difesa è il solo settore in cui nei trattati non ci sono limiti a quello che si può fare”, spiega un funzionario Ue: “Basta la volontà politica”.

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