Un vicino è per sempre, dice Teheran mentre prende le misure al boicottaggio del Qatar
L’Iran condanna il “corso saudita” di Trump sapendo di essere l’obiettivo ultimo dell’asse Washington-Riad. Due approcci con Doha
Milano. Un vicino è per sempre, non si può cambiare la geografia, ha twittato negli scorsi giorni il ministro degli Esteri iraniano, Javad Zarif, commentando la decisione dei paesi del Golfo di isolare diplomaticamente il Qatar: la “coercizione” non porterà ad alcuna soluzione, ha aggiunto il capo della diplomazia di Teheran, provando così a stabilire una linea di condotta cui adattarsi mentre si controllano a vista le mosse dell’America di Donald Trump. Un vicino è per sempre, ma tutto a un tratto la convivenza è insopportabile e la crisi con il Qatar ha fatto emergere i dettagli di una guerra che va avanti da tempo e diventa ogni giorno più aspra: aree di influenza, scontro religioso, gruppi armati sul campo. Non manca nulla a questo conflitto, ed è per questo che molti esperti – allarmisti certo, ma in questa regione si sa che è un attimo e tutto precipita – parlano di “grande guerra” imminente, con la Turchia che manda le truppe a sostegno del Qatar, mentre gli iraniani osservano e prendono le misure. Con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca è cambiato tutto e nel caos strategico-ideologico che regna a Washington l’unica costante riguarda proprio Teheran, e il capovolgimento dell’approccio di appeasement portato avanti con solerzia dall’Amministrazione Obama e dagli europei. Il Qatar era cruciale allora, è terra di negoziati (anche con i talebani), di rifugio (di molti leader di gruppi terroristici), di compromessi (c’è una base militare americana fondamentale), ma è chiaro che il suo progressivo e punitivo isolamento è il cardine del “corso saudita” voluto e rivendicato a colpi orgogliosi di tweetstorm da Trump (il suo segretario di stato Tillerson, il Pentagono e finanche l’ambasciatore americano a Doha non condividono tutto questo orgoglio e dicono che bisogna andare cauti, ma questa è un’altra storia).
Un vicino è per sempre ma anche per Teheran gestire il Qatar è un gioco da equilibristi. La mano saudita è evidente e anzi molti giornali e commentatori iraniani hanno ricamato sul piano di guerra anti iraniano di Riad, ricordando episodi non proprio recenti e tracciando un filo rosso che li unisce tutti per denunciare “il grande fratello” saudita che non vuole ammettere di aver perso il suo potere assoluto sul Qatar e sulla regione. Alle spalle si può sempre trovare una teoria del complotto convincente, ma guardare avanti è più complicato. La linea ufficiale è quella di non schierarsi troppo con il Qatar, di simpatizzare con l’escluso ma allo stesso tempo di non unirsi troppo a esso: ognuno ha la propria battaglia da combattere, si può camminare a braccetto per qualche tratto, ma senza dimenticare che spesso anche il Qatar, soprattutto in terra siriana (che è l’origine di questo accavallarsi di crisi e di intrighi), non ha tutelato, per usare un eufemismo, gli interessi iranian-assadisti. Qassem Mohebali, ex capo del desk medio oriente al ministero degli Esteri iraniano, ha detto: “Il Qatar ha partecipato a un piano e a un gioco che hanno messo in pericolo la sicurezza e gli interessi dell’Iran in Siria e Iraq. Non è un paese innocente, e non dovremmo prendere le sue parti. Dovremmo anzi sottolineare che il Qatar sostiene il terrorismo”. Sul tema “chi sostiene il terrorismo” è bene non avventurarsi, è chiaro che non è questo il discrimine, soltanto Trump può mettere un punto esclamativo alla fine della sua tirata contro il Qatar immaginando “l’inizio della fine dell’orrore del terrorismo” perché ha scelto di schierarsi con i sauditi (i sauditi!) contro l’Iran, ma sull’innocenza del Qatar Teheran prova a non tormentarsi troppo.
Al netto della condanna della “sword dance” di Trump con Riad, arrivata secca dall’entourage del presidente Hassan Rohani, i pragmatici cercano di guadagnare dalla crisi. Il Qatar è piccolo ma prospero, e con il boicottaggio dei voli l’unico modo per raggiungere Doha è passare per l’Iran: approfittiamone, e stringiamo l’emirato in un abbraccio economico, che è quello che i 30 mila iraniani che vivono lì hanno già fatto. Poiché la geopolitica è diventata una corsa a riempire i vuoti – sì, alcuni restano incolmabili – Teheran pensa a riempire quello dei paesi del Golfo ostili boicottatori, provando a guadagnare qualcosa da questo affronto che assume i contorni di un atto di guerra: l’inflazione rischia di tornare a due cifre, ha ammesso la Banca centrale iraniana, e il processo di isolamento dopo l’accoglienza obamiana è soltanto all’inizio. Meglio un amico in più, tanto comunque nessuno è innocente.