Israele sul London Bridge
“Imparate da noi: non ci sono pasti gratis contro il terrorismo islamico”. Parlano i generali di Gerusalemme
Roma. Da giorni, sui principali ponti di Londra sono apparsi dei grandi blocchi di cemento. Waterloo, Lambeth, Westminster, London Bridge... Ovunque la stessa scena, anche a Roma, in Via della Conciliazione. Cubi immensi a protezione dei pedoni dagli attentati con le auto, come i due che hanno seminato morte e panico nella capitale britannica. I ponti sul Tamigi fanno dunque la conoscenza di una invenzione israeliana nella sua guerra al terrorismo islamico. Dalle auto lanciate sui passanti all’accoltellamento dei civili, lo stato ebraico è stato un laboratorio per tutte quelle forme di terrorismo che da due anni stanno insanguinando l’Europa (52 morti nel 2017, con un attentato riuscito o tentato ogni nove giorni). Era il 2008, anche allora il mese sacro di Ramadan, quando il primo veicolo palestinese si lanciò sulla folla a Gerusalemme. Da allora, la capitale d’Israele ha speso mezzo milione di dollari per erigere questi blocchi di cemento presso trecento stazioni di autobus e tram. Due giorni fa, la premier britannica Theresa May ha tenuto un tipico discorso “israeliano”, quando ha detto che sulla lotta al terrorismo è pronta a fare piazza pulita di certe leggi sulla tutela dei “diritti umani”. In Israele la sua incarnazione più celebre è la cosiddetta “detenzione amministrativa”. Si rifà alle leggi del mandato britannico, consente di arrestare senza far conoscere all’interessato l’imputazione, e di rilasciarlo dopo un certo periodo di tempo, sempre senza informarlo delle ragioni per cui è stato imprigionato. E’ considerato il principale strumento di antiterrorismo.
"Non sconfiggi il terrore senza far pagare un prezzo anche agli innocenti, ma dovete saperlo minimizzare" (Yaakov Amidror)
“Abbiamo confrontato terrorismo e radicalismo islamico da decenni”, dice al Foglio Yossi Kuperwasser, già direttore del ministero degli Affari strategici e capo ricercatore della sezione intelligence dell’esercito israeliano dal 2001 al 2006, gli anni della Seconda Intifada. “Ma prima delle barriere fisiche a protezione dei civili negli aeroporti, nelle strade, nelle aree pedonali, nei bus, nei centri commerciali, l’Europa deve identificare il nemico, come ha fatto Israele. E’ una questione di mentalità, che l’Europa ancora non ha. L’islam radicale vuole cambiare l’equilibrio mondiale e distruggere la cultura occidentale. Theresa May ha detto che vuole emulare il modello israeliano. Per fare questo, l’Europa deve abbandonare l’appeasement. L’Europa deve adottare la detenzione amministrativa nel caso di pericolo imminente. Ma la prima deterrenza è quella dell’occidente che crede in se stesso, nella propria cultura, e che a questa gente dice: ‘Non vincerete, non vivremo sotto la sharia’. Rendete illegali i gruppi islamisti e continuate la guerra all’Isis in Siria e Iraq, dovete tenerli occupati lì”. Gli attacchi terroristici in Europa stanno già spingendo la Nato ad aumentare la collaborazione con Israele (fino a oggi pesava il veto della Turchia di Erdogan). Il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, dovrebbe visitare Israele nei prossimi mesi e incontrare il primo ministro Benjamin Netanyahu e i vertici della Difesa. Israele è stato il primo paese ad affrontare il terrorismo suicida nelle sue strade, molto prima che a New York o Manchester. Israele è stato anche il primo paese i cui passeggeri delle linee aeree commerciali sono stati presi in ostaggio. Il Pentagono ha copiato le tattiche israeliane utilizzate durante l’Intifada per adattarle alla guerriglia urbana islamista in Iraq e in Afghanistan.
"La prima deterrenza è dire ai terroristi islamici: 'Non vincerete, non imporrete la vostra sharia'" (Yossi Kuperwasser)
“Dovete cambiare il sistema legale, consentire la raccolta di informazioni e il suo uso migliore”, dice al Foglio Yaakov Amidror, il generale dell’esercito israeliano ex capo del National Security Council, il potente organismo del governo che fornisce le linee per la politica di sicurezza. “In Europa il profiling è vietato, questo deve cambiare”. All’aeroporto internazionale Ben Gurion di Tel Aviv, il più sicuro al mondo, tutti i passeggeri in attesa di effettuare il check-in vengono interrogati da agenti di sicurezza che fanno domande, scoprendone nervosismo o dichiarazioni incoerenti. Se le risposte suscitano sospetti, il passeggero è scelto per ulteriori screening che possono comportare ore di interrogatorio e una ricerca minuziosa nei suoi bagagli. “Dovete poter violare la privacy e smettere di trattare il terrorista come un criminale”, continua al Foglio Amidror. “In Israele la detenzione amministrativa è decisiva. L’Europa deve essere forte e e sacrificare alcuni diritti umani per sconfiggere il terrorismo. Non ci sono pasti gratis. Noi in Israele abbiamo minimizzato il danno, passando da 150 morti nel 2002 a 15 morti all’anno oggi di media. Non c’è modo di combattere il terrorismo senza far pagare un prezzo agli innocenti. Quel prezzo deve essere il più possibile contenuto. Inoltre, dovete impegnarvi contro l’Isis all’estero, in Siria, Iraq, bombardarli. E’ importante prima di tutto moralmente, mostrare loro che gli state dando la caccia”. In questo momento, sui cieli dell’Afghanistan, i paesi membri della Nato stanno impiegando droni di produzione israeliana per combattere contro i talebani e lo Stato islamico. Chissà che l’esperienza e il valore di Israele non possano aiutare anche a prevenire il crollo del London Bridge, dove furono le prime guarnigioni romane, si recitavano i lavori di Shakespeare e che, nell’immaginazione di tante generazioni, ha incarnato il ponte della civiltà occidentale.