In Germania si condanna l'antisemitismo, basta che non riguardi Israele
Il docufilm di Joachim Schroeder e Sophie Hafner, che dimostra come i germi dell’odio abbiano contagiato luoghi e situazioni al di sopra di ogni sospetto, è stato censurato e poi messo in rete dalla Bild
Berlino. Mentre dalla lontana Argentina invitava a “combattere l’antisemitismo ovunque esso sia”, la cancelleria tedesca Angela Merkel non poteva immaginare quale bufera sullo stesso tema si stesse scatenando a casa. E’ stata la Bild, una volta ancora, a fare notizia. Per 24 ore il sito ufficiale del tabloid più letto in Germania ha messo a disposizione dei suoi lettori un link a “Auserwählt und ausgegrenzt - Der Hass auf Juden” (Eletti ed esclusi – L’odio per gli ebrei), un docufilm sui mille volti dell’ostilità antiebraica voluto da due canali televisivi: il tedesco Wdr e il franco-tedesco Arte. Il quotidiano non ha però inteso omaggiare i due canali tv. Al contrario, Bild ha messo alla berlina l’ipocrisia di chi dapprima ha voluto farsi bello quale araldo mediatico della lotta al pregiudizio, salvo poi cambiare idea quando si è reso conto che il film parlava di Israele. E che lo faceva, con grande orrore degli editor televisivi, senza dirne peste e corna secondo i dettami della vulgata che da Ramallah passa da Bruxelles e arriva al Palazzo di Vetro.
Il docufilm di Joachim Schroeder e Sophie Hafner ricorda invece che l’antisemitismo non è monopolio di qualche imbecille con la testa rasata, e che i germi dell’odio hanno contagiato luoghi e situazioni al di sopra di ogni sospetto. Un esempio su tutti: il lungometraggio si apre con il discorso pronunciato il 23 giugno del 2016 dal presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas al Parlamento europeo. “Solo una settimana fa”, enunciava l’erede politico di Yasser Arafat, “un gruppo di rabbini ha chiesto al governo israeliano di avvelenare le acque dei palestinesi per sterminarli”.
Parole pericolose, false e molto vecchie: nella stessa Strasburgo che oggi ospita l’Europarlamento, il 14 febbraio del 1349 mille ebrei furono arsi vivi con l’accusa di avvelenare i pozzi per diffondere la peste nera. Uno dei tanti episodi di storia medievale, evidentemente ignorati dall’Alto rappresentante per la politica estera dell’Ue Federica Mogherini, e dall’ex presidente del Parlamento europeo – oggi candidato socialdemocratico alla cancelliera tedesca – Martin Schulz, che invece a Mahmoud Abbas tributarono una standing ovation.
La pellicola procede così, prendendo di mira ora l’antisemitismo dei giovani di origine maghrebina nella banlieue di Parigi che chiedono la fine dello Stato ebraico, ora i programmi per l’infanzia trasmessi dalla tv di stato palestinese in cui a bambini si chiede: “Cosa vuoi fare da grande?”, “l’ingegnere, così faro saltare in aria tanti ebrei”. Parole che uccidono davvero, se si pensa al caso del 24enne francese Ilan Halimi rapito, torturato e lasciato morire da un gruppo di coetanei alle porte di Parigi nel 2006 solo perché ebreo.
Nel film ce n’è per tutti: anche per un gruppo di anziane volontarie tedesche di Brot für die Welt, associazione benefica di estrazione evangelica, attive a favore dei palestinesi ed esperte di “apartheid israeliano”. Davanti alle telecamere, una di loro ripropone il trito paragone fra le vittime dei campi di sterminio nazista e i palestinesi di oggi. E si commuove, spostando gli occhiali per asciugare le lacrime. Le ong menzionate nel film sono centinaia, molte delle quali sovvenzionate anche dalle chiese, a loro volta direttamente finanziate dai contribuenti tedeschi attraverso le onerose Kirchensteuer, tasse che in Germania le principali comunità religiose esigono direttamente dal contribuente, senza mediazione statale.
Il focus del film su Israele e sul conflitto israelo-palestinese è proprio l’argomento che Wdr e Arte hanno usato per negarne la messa in onda. Eppure lo stesso (strabico) Parlamento europeo ha appena invitato gli stati Ue ad adottare la definizione di antisemitismo messa a punto dalla International Holocaust Remembrance Alliance: il documento definisce “pregiudizio antiebraico” tanto l’accusa agli ebrei di avvelenare i pozzi, quanto il paragone fra governanti israeliani e gerarchi nazisti. “E’ da gennaio che chiediamo la messa in onda”, spiega al Foglio Deidre Berger, direttrice dell’American Jewish Committee di Berlino. “I dati esposti sono accurati e se nel film è stata data troppa attenzione a Israele, gli editor avrebbero potuto tagliarlo”. Il prodotto non ha invece rispecchiato le attese dei committenti, pronti a condannare l’antisemitismo degli estremisti ma non a diffondere un documentario favorevole a Israele. “Il fatto che non l’abbiano trasmesso ci dice di più sui pregiudizi dei grandi canali tv di quanto non faccia l’intero film sull’antisemitismo”, conclude Berger.
L'editoriale dell'elefantino