Tutto come prima: Trump non ha cancellato le aperture di Obama su Cuba
La quantità di denaro che si può inviare attraverso le rimesse degli emigrati rimane intatta. Intatti anche gli accordi di scambio di informazioni sulla sicurezza e quelli sulla fine della speciale politica migratoria per cubani
Roma. Non è mica vero che Trump ha cancellato le aperture di Obama a Cuba. Nelle parole con cui ha annunciato l’ordine esecutivo pubblicato venerdì nei confronti dell’isola, il presidente degli Stati Uniti ha ribaltato la politica obamiana verso l’Avana; ma nel testo c’è scritto tutt’altro. La quantità di denaro che si può inviare attraverso le rimesse degli emigrati, ciò che più interessa al regime perché quei soldi funzionano da sedativo sociale, rimane intatta. Intatti anche gli accordi di scambio di informazioni sulla sicurezza e quelli, sempre decisi da Obama, sulla fine della speciale politica migratoria per cubani: la legge che prevedeva il rimpatrio sull’isola per gli aspiranti immigrati fermati in alto mare e consentiva a qualsiasi cubano riuscisse a metter piede su terra statunitense di aver diritto a fermarsi.
L’ambasciata degli Stati Uniti all’Avana rimane aperta. Lo stesso vale per l’ambasciata cubana a Washington. Cuba rimane depennata dalla lista dei paesi considerati amici dei terroristi dal dipartimento di stato. Delle restrizioni annunciate è vero soltanto che torna il divieto per i cittadini statunitensi di viaggiare liberamente verso Cuba. Ma la norma non riguarda i viaggi dei cubano-americani, che sono la gran maggioranza del totale. E comunque, qualsiasi cittadino statunitense voglia andare a Cuba, potrà continuare a farlo passando per un paese terzo o con un permesso di viaggio per interesse culturale se viaggia con un gruppo. Come accade già da tempo. Sono anni infatti che all’Avana esistono guide specializzate per cittadini americani, menù per americani, prezzi gonfiati per americani. E’ vero anche che è ribadito il divieto di fare affari con imprese sotto controllo militare. E questo infastidisce il generale cubano Luis Alberto Rodríguez López-Calleja, presidente della Gesa, l’ombrello societario in mano ai militari sotto il quale sono obbligate a stare tutte le imprese sull’isola che fanno affari all’estero. Il generale la cui vita è tenuta lontano dai riflettori come lo fu solo quella di Fidel Castro, è l’ex genero di Raúl, avendo sposato sua figlia Deborah ed essendo padre dei due nipoti del presidente, Raúl Guillermo e Vilma.
Il divieto è un modo per ribadire l’embargo. Ma l’embargo non veniva sfiorato nemmeno dagli ordini esecutivi di Obama, perché solo una legge votata dal Congresso potrebbe cancellarlo. Il punto fondamentale del testo di Trump è che rimangono illimitati i viaggi dei cubano-americani e non si abbassa il tetto delle loro rimesse. La politica dell’Amministrazione Bush verso Cuba, per dire, fu ben più pesante. I senatori pro embargo impegnati a tentare di limitare il viaggio degli altri cittadini statunitensi verso l’isola si guardano bene dal persuadere i loro elettori a osservare la stessa restrizione. Vale voti preziosi il privilegio degli immigrati cubano-americani. Il governo cubano, le agenzie turistiche e le compagnie aeree avranno tutto l’agio nell’inventarsi pacchetti e forme di viaggio in grado di rispettare la lettera delle nuove regole (che sono appunto quelle vecchie con un po’ di maquillage).
Chi viene danneggiato dall’ordine esecutivo di Trump, ma perché lo era già stato da quelli di Obama, sono i cubani che vogliono scappare da Cuba per andare negli Stati Uniti. La legge speciale sui migranti cubani era preziosa per chi ambisce alla fuga. Cancellarla ha fatto disperare molti. Soprattutto molti medici cubani impiegati in missioni all’estero. Per loro gli Stati Uniti avevano un permesso di residenza speciale. Poiché la loro fuga equivale a una diserzione, attraverso il programma Cuban medical professional parole, gli Stati Uniti concedevano automaticamente il visto a qualsiasi medico cubano fuggisse da una missione all’estero. Obama l’ha cancellata, Trump non l’ha ripristinata. Con grande sconcerto dei poveri medici cubani che si ritrovano intrappolati nel Venezuela avvitato in una crisi senza fine. Stanno scappando in piccoli gruppi verso la Colombia, attraverso la frontiera dello Stato Zulia, confine sepolto dalla selva, terra di nessuno in mano a narcos, contrabbandieri e banditi.