Macron e Merkel duettano a distanza sulla loro alleanza europeista
Il presidente francese annuncia le sue priorità: no alle mezze misure. La cancelliera tedesca rilancia il "motore"
Roma. Non saranno cinque anni di “aggiustamenti” e “mezze misure”, ha detto Emmanuel Macron lunedì a Versailles di fronte ai parlamentari riuniti per questa – interminabile – edizione francese dello Stato dell’Unione (l’evento si terrà ogni anno, ha detto il presidente francese, fateci l’abitudine). Ai presenti, alcuni arrivati con qualche sospetto nei confronti di questa “superpresidenza” mostrando sotto il braccio l’edizione di lunedì di Libération con Macron nei panni di Giove come da sua antica citazione (alcuni, come i deputati della France insoumise, hanno boicottato la “mossa napoleonica”), non deve essere piaciuta granché una delle proposte del presidente: tagliare il Parlamento di un terzo, per facilitare i lavori legislativi. Più efficienza e più giustizia, ha detto Macron, e se ci saranno degli intoppi il presidente è pronto: organizzeremo un referendum sulle riforme se non dovessero passare in Parlamento.
Macron ha anche annunciato che lo stato d’emergenza sarà tolto in autunno – torneranno “le libertà dei francesi” – e per il resto del tempo ha voluto sottolineare, ancora una volta, il suo ottimismo e il senso di speranza che questa nuova Francia deve sentirsi appiccicati addosso. Il mondo è minaccioso, ha detto il presidente francese, ma è necessario trovare soluzioni negoziate a queste minacce, la Francia vuole giocare un ruolo significativo, anche grazie a un rinascimento europeo di cui Macron si fa testimonial d’eccezione. Dal punto di vista ideale, Parigi si sta posizionando in un ruolo di leadership in perfetta sintonia con la Germania: Angela Merkel lunedì ha lanciato il programma elettorale della Cdu-Csu, introducendo un capitolo che pone “il motore franco-tedesco” al centro del suo prossimo mandato (se vincerà al voto del 24 settembre: i sondaggi ora le danno un grande vantaggio, ma di elezioni dal risultato scontato ne abbiamo già vissute troppe per cadere ancora nella trappola). “Siamo pronti assieme al nuovo governo francese – dice il programma merkeliano – a sviluppare ulteriormente la zona euro passo dopo passo, per esempio attraverso la creazione di un proprio fondo monetario”. Mentre Macron diceva che tocca a una nuova generazione di leader il compito di riprendere “l’idea di Europa dalla sua origine”, Merkel levava dal suo manifesto la definizione di “amici” riferita agli Stati Uniti: rispetto all’ultimo programma elettorale, ora l’America trumpiana è “un partner importante”, ma è chiaro che il messaggio europeista – lavoriamo insieme, lasciamo a inglesi e americani le loro manie isolazioniste – è modulato in perfetto sincrono tra Parigi e Berlino.
Che cosa resterà agli altri europei? Questa è la domanda di chi sta fuori dal celebre motore – noi italiani lo sappiamo bene, sulla questione migranti stiamo sperimentando la durezza francese, ancora lunedì Macron ha chiesto una riforma delle richieste d’asilo. Mentre Macron rifiuta etichette politiche e i tedeschi si interrogano su che genere di identità oggi rappresenta la Merkel, si fa largo tra i commentatori una nuova categoria, applicata al nuovo arrivato Macron: è un “liberal strongman”, un uomo forte liberale, versione aperturista di “un amante del potere”, scrive Paul Taylor su Politico Europe, con premonizione finale: ci sarà una collisione tra le due anime. Intanto in vista del G20 di venerdì, quando ci sarà un incontro con uno strongman di lunga data, Vladimir Putin, la formazione europea è schierata, colazione di lavoro tra Macron, Merkel e il capo del Cremlino, per controbilanciare l’atteso vertice tra Putin e Donald Trump.
Dalle piazze ai palazzi