Trump cambia regime e incalza Putin sulle interferenze elettorali
L'accordo sul cessate il fuoco in Siria è una manovra da "artista del deal". "Non c'è futuro per il regime di Assad"
New York. Donald Trump e Vladimir Putin sono emersi dopo due ore e un quarto da un incontro che doveva durare mezz’ora: il “meet and greet” a margine del G20 di Amburgo si è trasformato in una discussione molto più articolata. Il segretario di stato, Rex Tillerson, ha detto che hanno avuto una discussione “robusta e lunga” sulle interferenze della Russia nelle elezioni americane. Trump ha “fatto pressione”, ha detto Tillerson, sul leader del Cremlino, smentendo di fatto l’incertezza sul reale coinvolgimento russo che il presidente aveva ribadito anche nella conferenza stampa di Varsavia. Il Cremlino ha detto che si è parlato di Ucraina, Siria, antiterrorismo e cyberterrorismo. Di concerto è stato nominato anche un inviato speciale del dipartimento di stato per l’Ucraina, Kurt Volker, già ambasciatore presso la Nato. Durante l’incontro, l’Associated Press ha scritto che Russia e Stati Uniti, assieme alla Giordania, hanno trovato un accordo sul cessate il fuoco nel quadrante sud occidentale della Siria che entrerà in vigore domenica. Il passo non è certo nato nel summit fra Trump e Putin, ma può essere facilmente rivenduto dal presidente americano in questo senso, allo scopo di presentarsi come negoziatore pragmatico che si alza dal tavolo con un risultato in mano. Il primo incontro di persona fra i due è iniziato fra sorrisi, strette di mano e fiduciosi “very well”. Nel salotto di Amburgo non c’era il clima ridanciano e gioviale visto nello Studio Ovale durante la visita della delegazione russa capitanata dal ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, ma nemmeno si è partiti dalle divergenze. Fonti della Casa Bianca dicono che l’argomento caldo delle interferenze elettorali non era nell’agenda di Trump, che lo ha introdotto a sorpresa all’inizio della conversazione, prendendo in contropiede tutti.
In un certo senso, l’incontro stesso è il dato rilevante. Mentre gli altri membri del G20 discutevano con il linguaggio della burocrazia sopranazionale di cambiamenti climatici e altre minacce, Trump e Putin catalizzavano l’attenzione del mondo. I due leader condividono una chiara inclinazione per la diplomazia presa dal lato dei rapporti, anche se uno ha imparato l’arte di leggere la mente degli interlocutori nel Kgb, l’altro a “The Apprentice”. L’incontro è stato anticipato da uno scoop della Cnn, il grande bersaglio del trumpismo, che racconta come la Russia dopo le elezioni abbia intensificato le sue attività di spionaggio negli Stati Uniti. Sono segnali che il popolo di Trump rubrica come soffiate a scopo politico messe in giro dall’onnipresente “deep state”, ma è vero che a livello diplomatico i rapporti sulle attività del Cremlino non sono buoni, a dispetto della grande ombra della collusione. Il sequestro di alcuni compound americani di proprietà della Russia da parte dell’amministrazione Obama ha indispettito il Cremlino, che contava su una pronta risoluzione del caso una volta installato un governo “amico”. Così non è stato. La scelta di una delegazione ridotta ai minimi termini ad Amburgo risponde a diversi calcoli politici. Per timore dei leak, Trump ha resistito a chi suggeriva di presentarsi al meeting con una più nutrita squadra di esperti. Così il presidente ha lasciato fuori dall’incontro le voci più critiche verso il Cremlino e ha voluto soltanto il segretario di stato, Rex Tillerson. Tillerson conosce bene Putin per via dei suoi trascorsi come amministratore delegato di Exxon, ma la sua esperienza diplomatica è limitatissima. Ora è nel mezzo di una guerra per affermare la sua linea, in particolare sulla Russia. Tillerson si è presentato come l’uomo che doveva mettere in pratica la grande manovra di riavvicinamento con Mosca, ma sulla strada ha trovato molti ostacoli, e nel tempo ha corretto la linea aperturista con dosi di realismo. L’incontro di ieri è il primo test di questa impostazione ambivalente.