Il padre del detenuto simbolo del Venezuela ci dice: "Lotta non violenta"
Per Leopoldo López Gil nel paese sudamericano "ci sono oltre 400 prigionieri politici, e in tre mesi di proteste sono morte quasi 100 persone". La situazione catastrofica a Caracas e il voto contro Maduro
Roma. “E’ stata una giornata meravigliosa, quella che ho passato a Piazza Risorgimento con i venezuelani di Roma. Abbiamo cantato l’inno nazionale, abbiamo baciato la nostra bandiera, abbiamo invocato la pace”. Così la giornata della Consulta Popolare è raccontata al Foglio da Leopoldo López Gil: il padre di quel Leopoldo López Mendoza che, sia pur trasferito dal carcere agli arresti domiciliari, resta ancora il prigioniero simbolo della repressione in Venezuela. Domenica Leopoldo López Gil è venuto a Roma e ha fatto due incontri: con la Comunità di Sant’Egidio e con l’Istituto Bruno Leoni. Con la prima, da lui definita “un’organizzazione conosciuta in tutto il mondo per la sua capacità di fare cose concrete nel campo umanitario e della pace”, spiega che “sta cercando percorsi comuni”. “Non sono un emissario né ufficiale né ufficioso, parlo e agisco a titolo personale. Ma cerco di fare il possibile per una situazione in cui dall’80 per cento di penuria delle medicine necessarie che c’era l’anno scorso siamo ormai arrivati al 100 per cento. E’ una situazione di emergenza umanitaria gravissima: sia perché le morti di neonati in un anno sono cresciute del 30 per cento; sia perché stanno tornando in Venezuela malattie che erano state eliminate da tempo, e che rischiano di contagiare i Paesi vicini”. All’Istituto Bruno Leoni ha invece chiesto aiuto per la pubblicazione di un’edizione in italiano di “Preso pero libre”: “Detenuto però libero”, il diario che Leopoldo López Mendoza ha scritto di nascosto in carcere, e che nel 2016 è stato pubblicato come libro in spagnolo e in inglese.
Il suo viaggio in Italia, però, ha coinciso con la Consulta Popolare che è stata convocata a tambur battente dall’Assemblea Nazionale in 15 giorni, ed a cui hanno partecipato 7.186.170 venezuelani: 6.492.381 in patria; 693.789 all'estero. E al 98 per cento hanno risposto ai tre quesiti nel senso che l'Opposizione si aspettava: no al voto dell'Assemblea Costituente indetto da Maduro per il 30 luglio; dimissioni di Maduro da Presidente; invito alle Forze Armate a intervenire per difendere la Costituzione. In Italia si votava appunto a Pizza Risorgimento, e il padre del detenuto simbolo è stato a sua volta acclamato come un simbolo. “Mio figlio ora sta bene: a casa sua e nella sua famiglia è ovviamente molto meglio che in carcere. Però ha un braccialetto elettronico alla caviglia”. Subito sopra c’è sul polpaccio una mappa del Venezuela tatuata, e la foto che è girata è sembrata a tutti una terribile rappresentazione di un paese prigioniero. “C’è una sorveglianza permanente fuori dalla sua casa, che gli impedisce alcune visite”, continua Leopoldo López padre. “Non tutti possono visitarlo. Inoltre le visite devono aspettare molto tempo. Ad esempio, la famiglia è stata a mangiare con lui per il fine settimana, e la guardia li ha fatti aspettare circa di due ore per strada, in attesa che i superiori decidessero se dare o no il permesso. Ma la sua posizione si mantiene ferma. Ha avuto l’opportunità di votare, e il suo voto è stato per respingere la Costituente”.
È vero che è stato sottoposto a torture? “Non percosse, a quanto mi risulta. Ma una volta lo hanno tenuto in isolamento per tre giorni in una cella senza luce, e un’altra volta lo hanno lasciato per tre giorni senza mangiare. Inoltre è stato per due mesi senza visite della famiglia e più di 100 giorni senza visite degli avvocati. Anche queste sono torture”. E perché lo hanno tenuto senza luce e senza cibo? “Non si sa! È un carcere militare. Alle domande rispondono solo: ordini superiori”. E come mai alla fine gli hanno concesso i domiciliari? A Caracas alcuni hanno speculato che Maduro voleva ripulire la sua immagine dopo la figuraccia dell’attacco all’Assemblea Nazionale, con il pestaggio dei deputati. Altri hanno pensato a una pressione del G20, soprattutto dopo il vertice tra Trump e Putin… “Devo fare un certo sforzo per pensare che il signor Maduro possa ancora preoccuparsi della sua immagine dopo tutto quello che ha fatto, ma è possibile. La cosa che veramente deve preoccupare Maduro sono le accuse di narcotraffico, con due nipoti di sua moglie che sono stati arrestati negli Stati Uniti e il vicepresidente del partito Diosdato Cabello pure considerato dagli Stati Uniti come un narcotrafficante. Ma forse veramente ha sentito il bisogno di un po’ di maquillage. Zapatero era venuto in visita da Leopoldo cinque volte, Trump ha manifestato preoccupazione per i prigionieri politici. Non c’è solo mio figlio: in Venezuela in questo momento ci sono oltre 400 prigionieri politici, e in tre mesi di proteste sono morte quasi 100 persone”.
Adesso dopo questo voto l’opposizione annuncia l’ora zero, per allontanare definitivamente Maduro dal potere… “Personalmente non la definirei ora zero: non mi piace l’uso della terminologia militare in temi civili. Ma sicuramente ora inizia un nuovo percorso di resistenza e ribellione pacifica, per recuperare la democrazia in Venezuela”.