Trump (forse) acconsente a colpire Mosca per ferire la Germania. L'Ue nervosa reagisce
Il testo di legge per le sanzioni alla Russia in discussione al Congresso americano colpisce i gasdotti europei, di particolare interesse tedesco
Roma. Con inedita solerzia l’Unione europea ha intenzione di rispondere, per via diplomatica, alle incombenti nuove sanzioni energetiche da parte degli Stati Uniti che mirano a colpire gasdotti e infrastrutture operate in collaborazione con la Russia e che quindi, in senso ampio, minacciano le forniture energetiche continentali. Secondo una nota ai commissari, il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, è preoccupato dalle conseguenze per le aziende europee. “Le misure – dice la nota del 19 luglio rivelata da Politico.eu – rischiano di rompere l’unità transatlantica e del G7” nella gestione dell’annessione russa della Crimea e dell’occupazione militare della Ucraina orientale, motivo per cui nel 2014 iniziò il processo sanzionatorio durante l’Amministrazione Obama.
La proposta di sanzioni americane ora mira ai settori energetico, finanziario, dei trasporti e minerario russi. Rappresentanti democratici e repubblicani hanno lavorato alla bozza sabato e la proposta sarà votata oggi dalla Camera dei rappresentanti e, secondo il New York Times, il presidente Donald Trump, sotto tiro per i suoi rapporti con diplomatici russi, non avrebbe intenzione di opporsi. I nemici di Trump e i parlamentari con una storica postura anti russa si trovano dalla stessa parte della barricata. Trump, che aveva cercato di stabilire relazioni più tiepide con il presidente russo, Vladimir Putin, ha bacchettato entrambi i partiti su Twitter. La posizione dell’Amministrazione è tuttavia incerta: secondo il portavoce della Casa Bianca, Sarah Huckabee Sanders, Trump “sarà tosto” mentre secondo il nuovo direttore della comunicazione, Anthony Scaramucci, il presidente non ha ancora deciso. Il Senato americano aveva approvato (97 a 2) la versione originale del provvedimento che ora contiene anche sanzioni all’Iran e alla Corea del nord, ma è la questione energetica europea a tenere banco.
Gli interessi maggiormente colpiti sarebbero quelli legati al raddoppio del Nord Stream, gasdotto da 9,5 miliardi di euro che va dalla Russia alla Germania, rifornito dal colosso russo Gazprom e finanziato dall’anglo-olandese Royal Dutch Shell, la francese Engie, le tedesche Wintershall e Uniper, l’austriaca Omv. A giugno, in seguito alle misure approvate dal Senato americano, le cancellerie di Germania e Austria lamentavano il rischio di ferire gli affari legati all’infrastruttura che passa sotto al Mar Baltico e sarà operativa dal 2019.
“Le sanzioni del Congresso alla Russia colpiscono in egual misura il Cremlino e la Germania”, dice Germano Dottori, docente di Studi Strategici all’Università Luiss-Guido Carli e consigliere scientifico di Limes. “Trump vi si piega in parte perché non può far diversamente senza alimentare le accuse che gli vengono rivolte contro di essere un presidente eletto da Putin, ma anche perché gli è utile danneggiare i tedeschi, che sono insieme ai cinesi una delle grandi nazioni esportatrici da ridimensionare. A Trump interessa evitare che si saldi un grande blocco eurasiatico da Berlino a Pechino, contro il quale l’America non potrebbe rimanere inerte. L’accordo con i russi serve a farlo saltare. Consentirebbe anche a Washington di ridurre gli oneri da sostenere per stabilizzare il pianeta. E’ in chiave anti tedesca che va letta anche la recente convergenza con Macron, cui ora si dischiudono le porte della Libia”, per cui oggi il presidente francese riceverà all’Eliseo il primo ministro del governo di Tripoli, Fayez al Serraj, e il generale Khalifa Haftar, i leader che si contendono il paese.
Per rispondere agli Stati Uniti, l’Ue andrà per gradi, in escalation: chiederà una dichiarazione pubblica dell’Amministrazione americana per assicurare che non verranno usati poteri discrezionali contro aziende europee; poi attiverà una regolamentazione dell’Ue (2771/96) secondo la quale nessuna decisione extraterritoriale americana è eseguibile in Europa; se ciò non dovesse funzionare ricorrerà alla Organizzazione mondiale del commercio con azioni di rappresaglia. Tuttavia l’Europa non è unita sul progetto Nord Stream 2. Al Consiglio sull’energia a giugno 13 paesi hanno dato l’ok alla Commissione per negoziare con Mosca, i restanti 15 (la maggioranza) si sarebbe messa di traverso, in primis gli stati baltici che sono sotto influenza americana e temono l’influenza russa nell’area. Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo ed ex primo ministro polacco, aveva detto che rafforzare il Nord Stream permetterebbe alla Russia di “chiudere” la rotta ucraina del gas lasciando il paese “in balia” di Mosca. Secondo Politico.eu, oltre al corridoio ucraino altri progetti energetici sarebbero toccati dalle sanzioni inclusi i campi petroliferi nel Mar Caspio e il megagiacimento al largo dell’Egitto, Zohr, operato dall’Eni con partecipazione della russa Rosneft.
Anche se vari “interessi europei” sono in gioco è rara una difesa comune così rapida e, all’apparenza, unanime, se si ricorda che fu proprio l’opposizione dell’Unione europea, in chiave anti russa, spinta dal commissario tedesco, Günther Oettinger, a motivare l’abbandono del progetto South Stream che avrebbe portato il gas dal Mar Nero all’Italia.