Polli al cloro e cioccolato rubato. La Brexit è (pure) guerra del cibo
Il ministro del Commercio inglese in viaggio in America finisce in una querelle sui volatili. E il Toblerone è diventato piccolo
Roma. Il divorzio più chiacchierato del decennio, quello tra il Regno Unito e l’Unione europea, è già diventato una guerriglia di dettagli e cavilli, non ci sono ancora i gatti della moglie tirati sotto con l’auto, ma in compenso ci sono i polli, quelli americani in particolare, che vengono trattati con il cloro prima di essere distribuiti, cotti e mangiati, e questo in Europa è un obbrobrio non concesso. Il ministro per il Commercio britannico Liam Fox è negli Stati Uniti per affrontare quel complesso negoziato che dovrebbe portare Londra “in cima alla fila” dei partner commerciali, come vuole il governo di Theresa May e come assicura anche l’ondivago presidente Donald Trump (il suo ministro del Commercio non è altrettanto accogliente, il suo neodirettore della comunicazione, Anthony “The Mooch” Scaramucci, ha rilasciato dichiarazioni contro la Brexit, addirittura: si troverà una sintesi, a un certo punto, ma la schizofrenia americana costituisce un problema, un altro, per Londra).
Fox però è finito in una polemica non proprio edificante – se vedete un sacco di foto di polli sui feed dei giornalisti inglesi la ragione è proprio tale polemica – quando si è ritrovato di fronte alla richiesta di mangiarselo lui, un pollo al cloro, e poi di prendere le sue decisioni complessive sugli accordi con gli Stati Uniti. Che si sappia, Fox il pollo non lo ha mangiato, non a favore di telecamera almeno, ma già la querelle gli è costata parecchio in termini di credibilità, e ci si muove comunque in territori in cui né l’umore né l’attendibilità sono alle stelle. Il punto tecnico è questo: gli standard di trattamento dei cibi sono diversi in Europa rispetto all’America; finora gli inglesi avevano applicato le regole comunitarie, ma ora che non vogliono più essere membri dell’Ue possono applicare altri standard, basta con “questa ossessione” sui dettagli, ha detto sfinito Fox. Ma l’ossessione va oltre ai polli naturalmente, e così anche lo sfinimento, e basta un po’ di cloro per scatenare quella voglia di ripensamento che sta conquistando un po’ tutti, nel Regno Unito, persino il governo che ha iniziato a considerare come plausibile il fatto che, tra orologi che ticchettano e trattati transitori, la Brexit possa essere almeno rimandata. I brexiteers si infuriano, e il volore del popolo?, ripetono, ma un parlamentare conservatore ha spiegato chiaramente il dilemma: se non facciamo la Brexit, sfasciamo il partito; se la facciamo sfasciamo il paese.
Di tormento in tormento la cosiddetta “guerra del cibo” che scandirà inevitabilmente questi anni di negoziato si colora ogni giorno di sfumature un po’ ridicole (cioè, a noi europei fanno un po’ ridere, ma agli inglesi non tanto). Da ultimo s’è parlato molto del Toblerone, o meglio della dimensione della confezione di Toblerone: stesso prezzo, ma ci sono dei triangolini di cioccolato in meno, cioè la Brexit sta rubando i dolci ai bambini. Poiché ogni malattia oggi ha un nome, anche questa ha il suo: “shrinkflation”. L’ufficio nazionale di statistica inglese ha ieri confermato che il fenomeno esiste: dal 2012 al 2017 2.529 prodotti hanno ora, a parità di prezzo, confezioni più piccole (soltanto 614 le hanno più grandi), ma il fatto che la sterlina sia scesa, il fatto che ci sia la Brexit, catalizzatrice di tutti i mali britannici, non c’entrano. La shrinkflation esisteva ben prima che, spinti dalla “sciatteria”, come ha scritto Janan Ganesh sul Financial Times, dalla memoria corta mista alla noia, gli inglesi votassero per uscire dall’Ue. Ma spiegare i dettagli è diventato troppo faticoso, lo vedete da soli che questo divorzio è uno strazio, pensate a come uscirne senza fare troppe figuracce, poi penseremo a come curare l’ossessione per i polli e il cioccolato.