Schulz si mette sulla via (stretta) di battere la Merkel su europeismo e migranti
Il leader della Spd a Roma. Solidarietà e speranza sono le parole chiave, ma come ci si differenzia da una cancelliera occupa-tutto? La questione austerità
Roma. Solidarietà e speranza, sono queste le parole chiave della proposta di Martin Schulz, leader dei socialdemocratici tedeschi e candidato alla cancelleria al voto del 24 settembre. Non suonano originalissime, ma Schulz vuole colorarle con sfumature nuove, rivendendosi come un “fixer” dei problemi che riguardano l’Europa, in particolare la crisi migratoria. Per questo il leader dell’Spd è arrivato ieri in Italia, ha incontrato il premier, Paolo Gentiloni, a Roma e poi è andato a Catania, “per vedere da vicino” come funziona l’accoglienza e poter così dare una risposta concreta alla crisi. Il suo obiettivo, invero non facile, è quello di lanciare un messaggio che si differenzi da quello della sua rivale, la cancelliera tedesca Angela Merkel, che rincorre il suo quarto mandato (e dice che, se lo ottenesse, vorrebbe portarlo a termine) e che ha un vantaggio corposo nei sondaggi, più del 10 per cento, a crescere. Per differenziarsi, Schulz ha scelto di impegnarsi nel suo europeismo – che rivendica di continuo, vent’anni di esperienza non sono pochi – e in una politica sulle migrazioni “solidale e pragmatica”, ma molti anche nel suo partito sono convinti che è una strategia un po’ pericolante: si può essere più europeisti della Merkel? Si può criticare la politica d’accoglienza della Merkel dopo averla accettata e sostenuta nel 2015, come partner della coalizione che governa la Germania? I critici sostengono che questo è l’ultimo segnale del fatto che la campagna di Schulz, iniziata con uno slancio pazzesco (in quanti innamoramenti siamo caduti nel tentativo di rafforzare l’Europa?), si stia rivelando “deludente” ed è organizzata male. Ma il problema per Schulz è semmai che la Merkel ha occupato tutto lo spazio politico moderato, e trovare una proposta alternativa è quasi rocambolesco, se si è esclude forse la strategia economica, su cui in realtà ci possono essere molte differenze.
Rispondendo a una domanda del Foglio durante la conferenza stampa a Palazzo Chigi, Schulz ha spiegato quali sono le sue “differenze” rispetto alla politica merkeliana. Pensa che si siano persi “due anni” dal 2015 a oggi, ogni paese europeo è vittima “del proprio egoismo” e questo impedisce la collaborazione. “Se ognuno fa per sé rischiamo di tornare all’emergenza del 2015”, dice Schulz, “tutti i paesi del mondo hanno le loro leggi sull’immigrazione, dobbiamo dotarci anche noi di una formula condivisa”. In Europa in realtà oggi ha prevalso la logica geografica, che per l’Italia si trasforma in una maledizione: paese di primo approdo significa molta solitudine. “Dobbiamo investire sull’immigrazione legale”, dice Schulz, spiegando che oggi i viaggi di molti migranti verso l’Europa sono “senza speranza”, e invece “noi vogliamo dare la speranza”, con un sistema di regole concrete da rispettare per gli asili ma soprattutto per i migranti economici: “Se si fa richiesta, non si ha la certezza di ottenere l’ingresso, ma la speranza quella sì”. Schulz dice che quando parla di speranza viene sempre applaudito a sinistra, poi quando aggiunge che “non ci può essere un’immigrazione indiscriminata”, perché non è gestibile e molti paesi non possono permettersela, “quando parlo di quote allora mi applaudono a destra”. Sorride Schulz di queste contraddizioni, ma in un’Europa a caccia di un centro e che scaccia le appartenenze politiche – c’è un presidente francese “né di destra né di sinistra” – lui insiste sulla sua famiglia politica, insiste sulla collaborazione tra i leader europei di questa famiglia, insiste ancora di più sulla sua proposta socialdemocratica, “è sempre stata questa”, sottolinea per rivendicare una storia che è personale ed è europea, ma questa grande differenza con la cancelliera rivale alle elezioni ancora non si vede. Per di più parlare di immigrazione non è una scelta facile: è un tema che spacca più che unire, genera poco consenso, ed è bizzarro pensare che chi ha fatto battaglia contro la Merkel decida infine di votare Schulz per la sua proposta sull’immigrazione.
Al suo europeismo il leader dell’Spd aggiunge la necessità di una solidarietà “concreta”, in cui nessun paese viene lasciato solo, in cui “non si prende soltanto quel che è utile e fa comodo lasciando indietro il resto”. Parla di budget finanziario da rivedere considerando le emergenze – soprattutto quella migratoria – e parla della sua “novità”, che è la questione dibattuta, e che risulta in un “cambiamento dello status quo”, al di là delle “tattiche elettorali”.
Il riferimento è alla Merkel, che in quanto a calcoli ha della genialità, e in questo modo Schulz vuole provare a punzecchiare la sua rivale su due fronti: Merkel è status quo per il semplice fatto di essere cancelliere dal 2005; Merkel punta sulla propria immagine solida, negli spot elettorali parla di “sicurezza e prosperità” ma non entra nei dettagli dei dossier. Un po’ di tattica insomma, anche se non si dice, e anche se in realtà l’alternativa Schulz potrebbe trovarla non tanto sull’immigrazione o sull’europeismo, ma sull’economia. La sua proposta è diversa da quella della cancelliera e soprattutto una vittoria di Schulz potrebbe dare sollievo sui temi dell’austerità – l’ipotesi risuona dolce in molte capitali europee. Ma la candidatura pare così debole che anche le aspettative sono minime: c’è chi spera che l’Spd non vada troppo male e che riesca almeno a fare un’altra Grande coalizione con la Cdu della Merkel, perché se alla cancelliera bastano i voti dei liberali, per dire, gli anti austerità non avranno molto di che gioire.