Transizione "soft", anzi no: le contraddizioni di Londra sull'immigrazione
Sulla gestione delle frontiere post Brexit, Downing Street dice che la libertà di movimento finirà nel marzo 2019
Roma. "C'è molto fumo e poco arrosto", ha scritto ieri sul Financial Times il parlamentare laburista Stephen Kinnock nel descrivere quanto il piano del governo britannico per i negoziati sulla Brexit sia confuso e contraddittorio. L'ultimo capitolo della saga dei negoziati con Bruxelles, che ha attirato molte polemiche nei confronti di Downing Street, riguarda un report che il dipartimento per gli Affari interni di Londra ha chiesto al Migration Advisory Committee (MAC), la commissione che si occupa delle politiche dell'immigrazione nel Regno Unito.
Lo studio commissionato dal governo, ha detto il ministro agli Affari interni Amber Rudd, intende mettere nero su bianco i costi economici e sociali dell'immigrazione, con lo scopo di modellare la politica futura in tema di gestione delle frontiere sulla base di dati empirici. Il report calcolerà quindi se restringere gli ingressi della manodopera altamente qualificata avrà un impatto positivo o negativo sulla competitività dell'economia britannica. La CBI, la federazione degli industriali britannici, ha espresso soddisfazione e ha ribadito che l'imprenditoria britannica ha bisogno "urgente" di conoscere la politica migratoria del paese per i prossimi anni.
Allo stato attuale, come ha confermato oggi un portavoce di Downing Street, la libertà di movimento tra l'Ue e il Regno Unito si interromperà a marzo 2019 e sarebbe "sbagliato speculare" su come sarà la politica dell'immigrazione dopo la Brexit. Da allora in avanti, almeno fino a quando il governo non adotterà un piano preciso, i circa 3 milioni di lavoratori con nazionalità europea dovranno registrarsi. Una dichiarazione che smentisce le dichiarazioni rilasciate la settimana scorsa dal cancelliere Philip Hammond, e confermate dalla stessa Rudd, che avevano lasciato intendere la volontà del governo di rendere più soft la transizione post Brexit. Ora invece il governo ha fatto sapere, per bocca del ministro all'Immigrazione, che le norme che regolano gli accessi e la permanenza nel paese cambieranno.
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