Pence e la Russia
Il vicepresidente americano evoca lo spettro di aggressioni e dice: se vuole collaborazione, Mosca cambi politica
Milano. Più volte ci siamo chiesti: dov’è finito Mike Pence, il vicepresidente di Donald Trump? Ogni giorno escono dettagli sulla Casa Bianca, i consiglieri, i famigliari, le faide, i vizi, ma su Pence quasi nulla, e sì che se tutto dovesse andare in malora, il presidente alla fine sarebbe lui. Ebbene, negli ultimi giorni gli spostamenti di Pence, le sue parole, si sono visti e sentiti, e se nella Washington assediata dalle liti sono stati un po’ dimenticati, è probabile che invece a Mosca siano risuonati forti. In un viaggio di tre giorni e mezzo nell’est Europa, a ogni tappa il vicepresidente Pence ha evocato con veemenza lo spettro di una aggressione da parte della Russia, ha parlato di “pace attraverso la forza”, e ha confermato l’impegno americano nella Nato, ribadendo la promessa alla base dell’Alleanza: un attacco a uno stato membro è un attacco a tutta la Nato.
In visita nei paesi baltici, in Georgia e in Montenegro, Pence ha detto che la collaborazione con la Russia è sì benvenuta, “ma alcune azioni recenti di Mosca non sminuiranno l’impegno degli Stati Uniti per la nostra sicurezza, per la sicurezza dei nostri alleati, e per la sicurezza delle nazioni che in tutto il mondo amano la libertà”. Mentre il Congresso americano votava le sanzioni alla Russia (nel pacchetto ci sono anche misure contro Pyongyang e Teheran) e Trump firmava la legge criticandola, Pence dichiarava: “Perché i rapporti con Mosca migliorino e siano tolte le sanzioni è necessario che la Russia ribalti le azioni che in primo luogo hanno fatto sì che le sanzioni fossero imposte”.
Precisando così la propria visione su chi aggredisce e chi si difende, Pence ha detto di voler collaborare con il Montenegro “attraverso la Nato” e ha chiesto alla Georgia di unirsi all’occidente, condannando l’occupazione russa in territorio georgiano. Eravamo distratti, ma Pence ha recuperato ispirazioni liberali bushiane: “Le attività destabilizzanti della Russia in Ucraina, il suo sostegno a regimi ‘rogue’ come Iran, Siria, Corea del nord… questo atteggiamento deve cambiare”.
I conservatori inglesi