Moi, la mort, je l’aime, comme vous aimez la vie (dettaglio della locandina)

A teatro l'assassino dei bimbi ebrei di Tolosa è una vittima della società

Giulio Meotti

Dopo Avignone, prosegue il tour della pièce sull'islamista Merah

Roma. Il 9 e 10 dicembre si replica a Mont-Saint-Aignan. Intanto, la pièce ha raccolto un discreto successo al Festival di Avignone che si è concluso la settimana scorsa. Nella Francia dove 40 mila ebrei se ne sono andati in dieci anni, dove la kippah sta diventando un oggetto proibito per strada, dove dodici ebrei hanno perso la vita in cinque anni di attentati, Mohammed Merah è diventato il simbolo degli esclusi e delle vittime della società francese.

  

La pièce “Moi, la mort, je l’aime, comme vous aimez la vie”, scritta dall’algerino Mohamed Kacimi e prodotta dal Centro drammatico nazionale di Rouen, racconta le ultime ore del terrorista che ha ucciso a sangue freddo nel 2012 tre soldati francesi, prima di abbattere due fratelli ebrei di quattro anni, il loro padre rabbino e una bambina di sette anni, in una scuola ebraica a Tolosa. Il ministro israeliano della Cultura, Miri Regev, aveva scritto alla sua omologa francese, Françoise Nyssen, chiedendo di vietare l’opera sul jihadista di Tolosa. “La Francia è stata oggetto, come molti altri paesi, di terribili e brutali attacchi terroristici. Dovremmo vietare gli spettacoli e le rappresentazioni teatrali che incoraggiano sentimenti di perdono e simpatia per i terroristi”.

    

“Mohammed Merah era un essere umano, un giovane di vent’anni che guardava i Simpson e mangiava pizza”, ha detto il direttore Yohan Manca, contro cui è stata presentata una denuncia per apologia del terrorismo e dell’antisemitismo. Anche i parenti delle vittime di Mohammed Merah avevano chiesto la cancellazione dell’opera, mentre Latifa Ibn Ziaten, la madre di un soldato ucciso da Merah, aveva detto alla France Presse: “Io sono per la libertà della musica, del teatro, ma non in quel modo”. Persino il fratello di Merah aveva scritto una lettera al regista.

  

Il sottotesto della pièce è chiaro: “È urgente riflettere sulle cause della violenza in una società che ne è la fonte e la vittima, dove nascono e crescono coloro attirati più dalla morte che dalla vita”. Nel testo su Merah ricorre una domanda: “Perché la nostra società crea oggi tali mostruosità?”. La gauche tace sulla pièce, già scossa dal caso Mehdi Meklat, il blogger della Francia socialista e multiculti che si è scoperto postava, sotto falso nome, frasi a favore di Merah, contro gli ebrei e i gay.

  

Meyer Habib, deputato della Repubblica ed esponente di spicco della comunità ebraica francese, ha condannato l’opera teatrale al Figaro: “Umanizzare l’assassino è già una scusa”. Bizzarro poi che il prestigioso festival di Avignone abbia accolto questo testo scandaloso ma abbia censurato “Lettera ai truffatori della islamofobia”, l’ultimo libretto del direttore di Charlie Hebdo, Stéphane Charbonnier, escluso questa estate da Avignone. In una lettera a Libération del 30 luglio, gli autori della pièce su Charb, oltre a condannare il doppio standard, attaccano la riduzione di Merah a “vittima fragile e alienato del ‘sistema razzista’”.

  

I falsi ideologici di Tariq Ramadan (il suo articolo su Tolosa per il Corriere della Sera) fanno dunque strada, trasformando l’uccisione di tre bambini ebrei, seguita dalla strage all’Hyper Cacher, in una meditazione sul razzismo e l’emarginazione nella società.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.