Così la "campagna anti turismo" spagnola mette in imbarazzo Podemos
Disobbedienti assaltano hotel e ristoranti. Il caso Barcellona
Roma. Mentre gli amministratori italiani passano le estati a lambiccarsi sul perché viviamo nel paese con il maggior potenziale turistico del mondo ma siamo soltanto quinti nella classifica dei paesi con maggior affluenza di turisti internazionali, altri si pongono il problema opposto. La Spagna per esempio, che ha imparato a fare meglio con meno e da anni ci surclassa in tutte le classifiche come meta più desiderata (nel ranking internazionale del 2015 è terza, dietro a Francia e Stati Uniti), con toni crescenti nelle ultime settimane cerca di far fronte a un problema ossimorico: i cittadini vogliono meno turisti.
Tutto è iniziato con Barcellona, città dinamica e vitale che da ormai un decennio si è trasformata in un parco giochi per villeggianti scostumati. Le dinamiche le conosciamo, sono le stesse che affliggono le italiane Venezia e Firenze: congestione e degrado, cittadini costretti a sloggiare dal centro per fare posto agli hotel e agli Airbnb, economia locale che avvizzisce fino a ridursi a lunghe vie di negozietti di souvenir made in China con commessi bengalesi. Ma se i fiorentini sopportano e si limitano al sarcasmo (frequente per le strade del capoluogo fiorentino la scritta sui muri: “Ma se è la stagione dei turisti perché non gli possiamo sparare?”), certi catalani hanno deciso di passare all’azione.
Il gruppo di disobbedienti di ultrasinistra Arran Països Catalans ha iniziato in questi mesi una serie di azioni dimostrative violente contro le strutture turistiche di Barcellona al grido di: il turismo uccide i quartieri, il turismo uccide la città. L’azione più discussa sui media è stato l’assalto, la settimana scorsa, a un autobus turistico, a cui i vandali hanno squarciato le gomme, ma secondo i giornali spagnoli, che ormai parlano di “campagna anti turismo”, dall’inizio dell’anno sono stati assaltati sette hotel e ristoranti di Barcellona. I manifestanti hanno colpito anche altri servizi turistici come le biciclette del bike sharing, e organizzano manifestazioni periodiche che bloccano il centro città. Il caso di Barcellona è particolarmente interessante perché Ada Colau, sindaca eletta con Podemos, aveva tra le sue promesse di campagna elettorale anche quella di imbrigliare il turismo fuori controllo, e adesso si trova tra due fuochi: da un lato la società civile che la accusa di essere troppo vicina ai facinorosi, che pure ha condannato; dall’altro i disobbedienti stessi che la accusano di non fare abbastanza per mantenere le sue promesse elettorali. Si aggiunga che il movimento Arran ha legami strettissimi con il Cup, il partito di ultrasinistra che siede nel Parlamento catalano e tiene in mano le chiavi della piccola maggioranza che sta spingendo per il referendum sull’indipendenza della Catalogna dalla Spagna, e si capisce perché la campagna anti turismo è diventata un problema serio. Tanto più che le azioni di protesta hanno iniziato a estendersi anche fuori da Barcellona.
A fine luglio (ma la “rivendicazione” dei gruppi disobbedienti è arrivata solo di recente) i movimenti anti turismo hanno assaltato un ristorante a Palma di Maiorca. A San Sebastián, nei Paesi Baschi, gruppi di disobbedienti radicali hanno annunciato azioni simili a quelle di Barcellona e preparano manifestazioni per la settimana di Ferragosto, che nei Paesi Baschi è conosciuta come Semana Grande ed è il culmine della stagione turistica.
In una Spagna sempre brulicante di collettivi e movimenti, la campagna anti turismo è la nuova battaglia dei disobbedienti della sinistra estrema. Partita da disagi anche comprensibili, si è trasformata in un mostro ideologico che mette in imbarazzo Podemos, che aveva promesso intransigenza e ora deve vedersela con chi promuove quella stessa intransigenza con la violenza.