Donald Trump (foto LaPresse)

Trump il golfista

Paola Peduzzi

Ce ne sono tanti di giocatori fanfaroni, ma il problema del presidente è che sul campo da golf non puoi mentire

Percy Boomer era un maestro di golf d’inizio Novecento, scrisse un libro, On Learning Golf, che è un po’ come il saggio di Benjamin Spock su come crescere i bambini: immortale. Boomer diceva che se vuoi nascondere il tuo carattere, se vuoi nascondere quello che sei, ti conviene non giocare a golf. Nel golf non si può mentire: o meglio, si può mentire sui colpi tirati e sulle palle magicamente ritrovate nei boschi, ma non su se stessi, che è poi il motivo per cui sul campo da golf si impara a misurarsi con i propri limiti, a conoscersi, a vivere. Donald Trump è un golfista, anzi “il miglior golfista mai entrato alla Casa Bianca”, come scrive Sport Illustrated in un articolo sterminato dedicato al rapporto (“complicato”) tra il presidente e il golf: ha un handicap molto basso (2,8 dichiara lui, ma secondo il pro Ernie Els, che ha giocato con Trump, è un 8/9, cioè è più scarso di come dice l’handicap), ha uno swing non bello ma potente. Uno dei segreti di un buon gioco sta nella velocità del bastone al momento dell’impatto con la palla, e quello di Trump è velocissimo. Il presidente gioca bene, ma come tutti i golfisti non può nascondersi, e così il suo approccio al golf diventa un ritratto caratteriale esatto – molti elementi sono visibili anche sui palchi, o nel rapporto con i media e i consiglieri, Trump ha tanti difetti, ma non ama nascondersi.

 

Il golf ha questa fama costruita nei secoli di sport composto, educato, serio, elegante, formale, ma è pur sempre uno sport, si vince, si perde, si sbaglia, si recupera, ci si incazza tantissimo, con tutti prima che con se stessi, in particolare con i parenti stretti. Soprattutto i golfisti raccontano i dettagli delle proprie performance in campo e mentre lo fanno ingigantiscono, mitizzano, inventano. Il golfista fanfarone non è un animale raro ma lo riconosci a prima vista, perché se non sei umile e se non sei corretto non puoi, appunto, nasconderti. Si può dunque immaginare quanto Trump sia riuscito a portare all’estremo le fanfaronate e gli imbrogli, che nel golf risultano ancora più scemi che in altri sport: imbrogli soltanto te stesso. 

 

Sul campo da golf Trump fa di tutto: sistema la palla se non è messa bene, tira un secondo tiro se il primo non era bello, guida il cart, anche se ha il caddie fisso, andando sulle piazzole di tiro e vicino ai green, che è vietato, non tira i putt corti, come se fosse scontato che vadano in buca (ma come i golfisti sanno “c’è più golf in un metro di green che in duecento di drive”). Alla fine delle 18 buche, Trump dichiara il risultato finale come se i primi colpi non fossero mai esistiti, come se la palla non fosse stata mai mossa (sarebbero due colpi di penalità ogni volta), come se avesse giocato senza i suoi piccoli imbrogli – innocenti e tollerati quando si è tra amici, ma fingere che non ci siano è una fake news. Come tutti i golfisti fanfaroni, il presidente ama ricordare i suoi colpi, aggiungendo metri di lunghezza ai drive, dichiarando uno score che non ha mai realizzato, chiedendo continue conferme: hai visto che tiro, sono forte vero? Poi essendo un ospite generoso e avendo molti golf club di proprietà (la passione viene dalla mamma scozzese) si preoccupa che tutti siano contenti, è spontaneo e chiacchierone, un po’ come durante i comizi elettorali, la sua dimensione più azzeccata.

 

Ecco perché del lungo articolo di Sport Illustrated, in cui si raccontano anche gli affari loschi legati ai campi da golf, e pure una liaison imprenditoriale con un leader musulmano indonesiano con forti connotati golpisti, è rimasta soltanto una frase: la Casa Bianca “is a real dump”, è un cesso vero. Secondo il magazine, Trump avrebbe detto questa frase di fronte ad almeno nove persone, ma nell’articolo viene citata in forma anonima, e se c’è una cosa che fa infuriare Trump più di una palla infossata in un bunker è il leak. Così la sua collaboratrice più schiva, Hope Hicks, ha chiamato l’autore dell’articolo chiedendogli di smentire, l’autore ha detto che è una frase che ha sentito ripetere più volte: Trump l’ha detta e ora se ne pente, succede. Ma il presidente non ci sta, e tuitta: “Amo la Casa Bianca, uno dei palazzi (case) più belli che abbia mai visto. Ma Fake News dice che l’ho chiamata cesso – TOTALLY UNTRUE”. La passione per il golf rientra così nel business as usual, nella faida con i giornalisti, nella guerra brutale ai leakers. Ma nel golf non si può mentire, si può imbrogliare ma non la si fa franca, viene fuori quel che si è, e quando dichiari tronfio “sono il golfista migliore tra tutti i ricchi”, ti sentono anche nella Rust Belt.

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  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi