C'è un patto della pinta di birra tra i Tory per sostituire la May
L'astro nascente del partito, Ruth Davidson, e il ministro dell’Interno del governo May, Amber Rudd, sono state avvistate insieme al bancone del bar di un hotel di lusso
Roma. Ai conservatori britannici, si sa, gli intrighi politici piacciono da matti. Non agli elettori, s’intende, ma a tutto l’ecosistema di politici, giornalisti, deputati, commentatori e sottosegretari che gravitano sotto l’insegna dei Tory. Non per nulla House of Cards, il libro che ha ispirato la celebre serie tv americana, l’ha scritto Michael Dobbs, decano del partito e ora baronetto di Wylye: tutto quell’affilamento di coltelli che si sentiva negli ultimi anni della Thatcher al potere, quando era consigliere del governo, devono per forza avergli ispirato qualche capitolo della trilogia. Ora che la (breve) èra May sta volgendo al termine, dopo il disastro elettorale di giugno, a Westminster è tutto un sussurrare e fregarsi le mani e speculare su chi sostituirà la premier quando finalmente si leverà di torno. Questa settimana, per mandare in fibrillazione scribacchini e pettegoli vari, è bastata una pinta di birra. A Glasgow, in Scozia, Ruth Davidson e Amber Rudd sono state avvistate insieme al bancone del bar di un hotel di lusso. La prima è la “regina del nord”, egida dei conservatori scozzesi e astro nascente del partito, la seconda è il ministro dell’Interno del governo May a Londra, che ora tutti danno per favorita nella corsa per la leadership.
Ruth Davidson, però, è ben più popolare di Amber Rudd, i cui picchi di notorietà (si fa per dire) si contano sulle dita di una mano: quando poco più che trentenne ha fatto la comparsa in “Quattro matrimoni e un funerale”; quando alla conferenza del partito a ottobre scorso ha detto di voler chiedere alle imprese di stilare una lista dei lavoratori stranieri (a seguire accuse di razzismo e retromarcia frettolosa, di lì in poi una tendenza frequente del governo); infine quando sostituì Theresa May nel dibattito televisivo pre-elettorale cui parteciparono tutti i leader dei principali partiti. Tranne la premier, che ovviamente fu sommersa di tweet al vetriolo. Quello di Amber Rudd è l’identikit standard di una Tory del sud: buona famiglia, istruzione di pregio, accento posh e frequentazioni vip (l’ex marito era il celebre critico gastronomico del Sunday Times Adrian Anthony Gill, morto l’anno scorso). Ha lavorato per JP Morgan e poi per Lawnstone Limited. E’ forse questa consapevolezza ad averla spinta a prendere contatti con l’outsider di Edimburgo – la Davidson, appunto –, l’unica che al momento sembra voler tenere i Tory ancorati alla realtà del paese, promuovendo un dibattito che non sia incentrato su chi sarà il prossimo a tenere in mano lo scettro ma su cosa bisogna fare per risolvere i problemi della gente (su UnHerd ha pubblicato un articolo in cui propone un “rilancio radicale del capitalismo”). Per la Rudd, avere il suo endorsement significa avere un vantaggio di consensi sui colleghi che aspirano a sostituire la May (Boris Johnson, David Davis, Philip Hammond…). Anche perché, se c’è almeno una cosa che la May ha insegnato al partito è che, oggi, il consenso è direttamente proporzionale al tasso di “normalità” percepita dal pubblico. Ruth Davidson, in questo senso, ha il profilo di una cittadina moderna per eccellenza: ex pugilessa, lesbica, a trentotto anni sta ancora mettendo da parte i soldi per comprarsi la prima casa. Questa immagine di “normalità” è ciò che più di tutto desiderano avere gli aspiranti leader conservatori.
La Rudd deve aver riesumato i suoi appunti universitari sui sillogismi di Aristotele: se la base sostiene la Davidson, e la Davidson sostiene me, allora la base sosterrà me. Ecco spiegata quella pinta di birra a Glasgow. Questi, però, sono i soliti intrighi dei Tory: poca sostanza politica, ed è da un po’ che la stampa conservatrice lamenta una certa rarefazione ideologica del partito. “Non eravamo quelli delle idee innovative?”. In molti, da Adrian Wooldrige sull’Economist a Matthew D’Ancona sul Guardian, si chiedono se non sia l’ora di iniziare a ragionare sul serio su quali siano le risposte più adatte alle questioni più pressanti del quotidiano: la Brexit, la povertà dilagante nonostante i bassi tassi di disoccupazione, e un certo odio viscerale verso una classe politica considerata privilegiata e negligente. Bagehot non ha dubbi: “il modello di conservatorismo della signora Davidson – aperto ma pragmatico, lungimirante e flessibile – è esattamente ciò che serve al partito”. Per adesso, però, la leader scozzese punta “solo” a sostituire Nicola Sturgeon, a capo del governo di Edimburgo: Downing Street, ha dichiarato, non le interessa. Certo, dicono tutti così.