Tra scontri e sospetti di hackeraggio, il Kenya ha scelto il suo presidente
Uhuru Kenyatta è in testa con il 54% dei voti, ma il leader dell’opposizione Raila Odinga accusa frodi elettorali. Almeno quattro persone sono morte in alcuni scontri
Roma. I risultati delle elezioni di martedì scorso non sono ancora definitivi, ma con più del 97 per cento dei voti conteggiati sembra ormai chiaro che anche per i prossimi quattro anni il presidente della Repubblica del Kenya sarà Uhuru Kenyatta, in carica dal 2013. Secondo i numeri diffusi dalla Commissione elettorale indipendente (IEBC), Kenyatta – alla guida della Jubilee Alliance – ha ottenuto il 54,3 per cento dei consensi, contro il 44,8 del principale sfidante, il leader dell’opposizione Raila Odinga, capo della National Super Alliance (NASA). Odinga però, già ieri mattina in una conferenza stampa, ha definito l’elezione una “frode” caratterizzata da una “estesa manipolazione dei risultati”, denunciando un attacco informatico al sistema elettronico di voto: accuse respinte dai responsabili della Commissione elettorale.
La situazione nel paese dell’Africa orientale rimane dunque ancora tesa: ieri in alcuni scontri con la polizia avvenuti in un sobborgo di Nairobi e a Kisumu, una città dell’ovest del paese, sono morte tre persone. C’è stato anche un attacco a un seggio nella regione di Tana River dove almeno un’altra persona è stata uccisa. Si è trattato tuttavia di eventi circoscritti: molti keniani hanno preferito restare in casa proprio per il timore degli scontri e la maggior parte delle attività commerciali è rimasta chiusa. Oggi alcune banche e altri servizi hanno riaperto, ma nella maggior parte delle strade non c’è il caotico movimento abituale. La paura è che si ripeta una crisi come quella seguita alle elezioni del 2007, che provocò circa 1.100 morti e 600 mila sfollati: anche allora fu Odinga a denunciare dei brogli. E lo stesso fece quattro anni fa, presentando un ricorso alla Corte Suprema del paese che gli diede torto.
Questa volta, secondo il leader dell’opposizione, il voto sarebbe stato manipolato a causa di un attacco informatico avvenuto nel pomeriggio di martedì. Odinga ha detto che gli hacker sarebbero entrati nel programma informatico di gestione delle operazioni di voto usando le password di Cristopher Msando, il responsabile del sistema ucciso il 31 luglio scorso. Una volta all’interno, avrebbero “caricato un algoritmo per creare una differenza di 11 punti” a favore di Kenyatta. Odinga ha poi invitato i suoi sostenitori alla calma, ma ha aggiunto di non essere in grado di “controllare il popolo”. In un tweet, infine, ha scritto che secondo calcoli del suo partito i voti a suo favore sarebbero 8,1 milioni contro i 7,2 del presidente uscente, anche se non ha citato documenti che supportino questi numeri.
Le accuse di Odinga “non possono essere provate in alcun modo” ha replicato capo della Commissione elettorale, Ezra Chiloba, secondo cui “il sistema di gestione delle elezioni è sicuro” e “non ci sono state interferenze in nessun momento prima, durante o dopo il voto”.
Un altro problema è stato invece denunciato da un’importante organizzazione non governativa del paese, la Kenya Human Rights Commission (KRHC): la legge keniana prevede che le preferenze siano espresse per mezzo di tablet che inviano i risultati alla Commissione, ma per evitare frodi ognuno dei 41 mila seggi deve compilare un modulo cartaceo in cui siano riportati i risultati, che deve essere firmato dagli osservatori di tutti i partiti e spedito alla Commissione stessa. L’ong ha riscontrato delle discrepanze fra i dati online e quelli cartacei che rendono i risultati “non verificabili” e “possono causare una situazione di instabilità”. Il presidente della Commissione, Wafula Chebukati, ha detto che verrà effettuata una verifica dettagliata dei moduli e ha assicurato che “tutte le questioni verranno chiarite”. Il risultato ufficiale dello scrutinio sarà infatti certificato solo al termine dei controlli incrociati: per depositarli la Commissione ha sette giorni di tempo dalla data del voto.
I casi denunciati da KHRC riguardano comunque poche centinaia di voti e non dovrebbero mettere in discussione l’esito complessivo delle elezioni, dal momento che la differenza tra Odinga e Kenyatta è di circa 1 milione e 400 mila voti a favore di quest’ultimo. Un altro dato favorevole al presidente uscente, poi, è quello delle elezioni locali: in molte province hanno vinto i candidati del suo partito, e sembra poco probabile che i keniani abbiano optato per un voto disgiunto di massa.
Nonostante le lunghe file, lo scrutinio si è svolto in modo pacifico e ordinato, sotto gli occhi di numerosi osservatori internazionali: oggi il capo della missione dell’Unione europea ha detto che “non ci sono segni di manipolazioni” del voto, mentre l’ex presidente del Ghana John Mahama ha parlato di elezioni “trasparenti e credibili” e ha detto che “non c’è motivo di dubitare” del lavoro della Commissione elettorale.
Molto ora dipenderà dalle prossime mosse di Odinga: a 72 anni questa sarebbe la quarta sconfitta per lo storico leader dell’opposizione, che non ha un vero erede politico e che ha impostato la sua campagna su toni molto accesi, promettendo “la vittoria o la vittoria” ai suoi sostenitori.
La maggior parte dei keniani, tuttavia, conserva il ricordo fresco degli scontri del 2007 e non vuole che il paese abbia una ricaduta: il che non significa che non potranno esserci altri episodi di violenza, come ha spiegato al Monde Muriti Muthiga, ricercatore dell’International Crisis Group di Nairobi: “Molti sostenitori di Odinga hanno un atteggiamento spavaldo, ma il margine di vittoria di Kenyatta e il buon svolgimento del voto fanno sì che una contestazione di grande ampiezza ‘tipo 2007’ resti poco probabile. Ci saranno senz’altro ancora manifestazioni e morti, ma il paese non è pronto a esplodere”.
I conservatori inglesi