Hezbollah, militari, famiglia. Le tre cordate del regime Maduro
Chi sono i tre leader di fatto delle “forze” che in questo momento gestiscono l’apparato di potere chavista in Venezuela
Roma. L’uomo di Hezbollah. L’uomo dei militari e del Cartello deisSoli. L’Uomo, diciamo così, “di famiglia”. Sono questi i leader di fatto delle tre cordate che in questo momento gestiscono l’apparato di potere chavista in Venezuela. Dopo aver emarginato un’altra corrente di chavisti storici – il cui più noto esponente è ormai l’esautorato ex procuratore generale Luisa Ortega – gli apparati del regime sembrano compatti. Ma alcuni particolari minori che forse possono sfuggire a chi segue le convulse vicende del Venezuela di oggi lasciano intendere che forse le tre cordate sono più fragili di quanto sembri.
Il primo uomo è Tareck el Aissami: 42 anni; laureato in criminologia; origine siro-libanese; religione drusa; ora vicepresidente del Venezuela. Un incarico che secondo la Costituzione della Repubblica Bolivariana corrisponde anche a quello di un primo ministro alla francese. Il secondo è Diosdado Cabello: 54 anni; già tenente dell’esercito compagno di Chávez durante il fallito golpe del 1992; ex-vicepresidente; presidente per un giorno tra 13 e 14 aprile del 2002 al tempo del momentaneo esautoramento di Chávez; varie volte ministro; ora vicepresidente del Partito socialista unito del Venezuela. Governatore di Miranda fino a quando non fu sconfitto dal leader dell’opposizione Henrique Capriles; presidente dell’Assemblea Nazionale fino alla vittoria dell’opposizione alla politiche; grande regista dell’operazione Costituente, di cui però a grande sorpresa non è stato eletto presidente. Il terzo, ovviamente, è Nicolás Maduro: 54 anni; ex-guidatore di autobus e sindacalista; oggi presidente del Venezuela e presidente del partito. Colui che dopo aver perso le politiche si è visto costretto a un’involuzione dittatoriale sempre più pesante. Non solo come una curiosità è dunque arrivata una clamorosa indiscrezione proveniente nientemeno che da al Manar: tv libanese che è organo ufficiale di Hezbollah. Fonti: “esponenti della comunità araba vicine al governo venezuelno”. Si intende quella comunità di origine siro-libanese-palestinese che in tutta l’America Latina è una potente componente del mondo imprenditoriale: li chiamano “turcos”. A differenza di altri ceti produttivi, in Venezuela sono però schierati in gran parte con il regime. Questa lobby suggerirebbe dunque di fare presidente El Aissami: mai logorato du Maduro e Cabello, da giovane militante della sezione venezuelana del partito Baath, e definito da al-Manar “vero leader nell’ombra e grande amico della resistenza libanese e del regime di Bashar el Assad”. A febbraio è stato però incluso dagli Stati Uniti in una lista di narcotrafficanti, e secondo il dipartimento del Tesoro in territorio americano avrebbe imboscato un patrimonio di mezzo miliardo di dollari. Nel frattempo, in molti su chiedevano se la non elezione di Cabello alla presidenza della Costituente sia stata voluta o subita. Anche Cabello è indicato da tempo come possibile narcotrafficante, alla testa di una lobby di militari che è stata ribattezzata “Cartel de los Soles”: dal sole dorato che indica in Venezuela il grado di generale. “Hai notato che Cabello gli americani non lo hanno ancora sanzionato?”, ci spiega però una imprenditrice italo-venezuelana in condizioni di anonimato. La sua tesi: “Cabello ha approfittato del chavismo per espropriare imprese in quantità a prezzi simbolici, però in questo momento queste imprese sotto il suo controllo sono le uniche a funzionare”.
Insomma, sia la lobby “turca” di El Aissami sia quella militar-tecnocratica di Cabello sarebbero ugualmente preoccupate per l’inefficienza di Maduro, irretito da una lobby familiare sfacciatamente nepotista. El Aissani segnerebbe però un’ulteriore radicalizzazione in senso filo-iraniano. Cabello potrebbe essere l’uomo di una svolta concordata con gli americani, anche se proprio mentre scriviamo queste righe è proprio lui ad annunciare l’arresto di un dipendente dell’ambasciata Usa. Fumo negli occhi o l’ennesimo equivoco della tragedia venezuelana?