Il jihad colpisce la Spagna perché è terra di frontiera tra islam e occidente
Un esperto spagnolo parla delle conseguenze dell'attentato di Barcellona
Roma. “I terroristi islamici hanno molte ragioni per colpire la Spagna. Una ideologica: la Spagna è terra califfale, è terra santa, e per un ‘buon musulmano’, almeno per come lo intendono loro, è irrinunciabile riprendersela”. Il giorno dopo l’attentato di Barcellona, mentre ancora il conteggio dei morti è aperto e dopo la lunga parata con cui le autorità nazionali e locali hanno ricordato le vittime, l’esperto spagnolo di terrorismo Florentino Portero spiega al Foglio che ci sono “molte ragioni complementari” per cui lo Stato islamico ha scelto la Spagna e Barcellona come suo obiettivo. La ragione storica, quella della ricostituzione del Califfato spagnolo perduto nel XV secolo, fa ovviamente da quadro di riferimento ideologico davanti a cui si pongono questioni più pratiche. “La Spagna è terra di frontiera”, dice Portero. “Noi spagnoli abbiamo due enclave in territorio nordafricano con Ceuta e Melilla, e abbiamo una grande influenza culturale in quella parte dell’Africa. Quest’influenza, tuttavia, è il contrario esatto di ciò che vuole l’estremismo islamico. La presenza spagnola in Africa – dunque la presenza occidentale – è vista come una contaminazione inaccettabile dell’islam”.
La presenza spagnola in Africa non si esplicita soltanto come influenza culturale, dice Portero: “La nostra politica estera ha rapporti di collaborazione strettissimi – ben più stretti di quelli dell’Italia – con i paesi dirimpettai, il Marocco, la Mauritania, l’Algeria. Tra Madrid e Rabat, per esempio, c’è una relazione strettissima in tema di sicurezza, le nostre forze di polizia collaborano in operazioni di antiterrorismo, antiradicalizzazione e sul tema dell’immigrazione. Per questo, le organizzazioni terroristiche in quelle zone vedono nella Spagna un nemico che è pronto a usare la forza per colpirle, e che deve essere aggredito di rimando. Anche la partecipazione di Madrid alle operazioni internazionali contro il terrorismo in medio oriente sotto l’ombrello della Nato ha un peso”.
Portero è docente di Storia contemporanea ed esperto di geopolitica e movimenti terroristici. E’ stato inoltre tra i fondatori del Grupo de Estudios Estratégicos, think tank madrileño che per lungo tempo è stato definito come la culla dei neocon spagnoli. Per lui, il fatto che uno dei sospetti terroristi di Barcellona fosse di Melilla è significativo della singolare condizione delle due enclave spagnole. “Ceuta e Melilla sono spesso citate nelle cronache per il problema dell’immigrazione, ma i migranti che cercano di entrare in Spagna dalle due città sono quasi tutti subsahariani, hanno poco a che vedere con l’estremismo islamico. Il problema è la popolazione islamica stabile di Ceuta e Melilla, che vive tutti i giorni una frizione culturale eccezionale. Non è un caso che in Marocco le principali fucine di jihadismo locale siano le cittadine intorno alle due enclave. E’ lì che lo choc culturale del contatto tra cultura islamica e cultura occidentale crea fenomeni di rifiuto e radicalizzazione, di cui lo Stato islamico approfitta”.
Portero concentra la sua analisi anche sul fronte interno. Il terrorismo ha colpito una città e una regione che aspirano, con un referendum indetto per il primo di ottobre, al secessionismo da Madrid. Governo centrale e governo locale sono ai ferri corti, ed è plausibile, dice Portero, che nel caos del processo separatista i terroristi abbiano avuto gioco più facile. “La dirigenza politica dei Mossos d’Esquadra (il corpo di polizia che dipende da Barcellona, nrd) ha rapporti pessimi con il governo centrale, e per mesi ha negato la gravità della minaccia terroristica”, spiega Portero, secondo cui le dispute politiche hanno distolto l’attenzione dal pericolo. “Anche il governo regionale avrebbe dovuto concentrare di più l’attenzione sulla sicurezza, molte cose si sarebbero dovute fare meglio”. Nel 2004, l’attentato jihadista alla stazione di Madrid alla vigilia delle elezioni provocò ua rivoluzione politica. “Oggi siamo ansiosi di sapere quali saranno le conseguenze di questo attacco”, dice Portero. “I secessionisti hanno già detto che il processo di distacco da Madrid continua, ma è evidente che il governo locale esce da questa vicenda più debole”.