Non prendermi vivo
Perché anche lo stragista della Rambla ucciso ieri dalla polizia indossava una finta cintura esplosiva
Roma. Quando la tattica dei terroristi impegnati nei raid urbani incontra la deriva psicotica arrivano le cinture esplosive finte. I tre attentatori del London Bridge a inizio maggio le indossavano, i cinque abbattuti a Cambrils anche, l’accoltellatore adolescente di sabato a Surgut in Siberia idem e pure il guidatore-stragista della Rambla, Younes Abouyaaqoub, localizzato ieri dalla polizia catalana a cinquanta chilometri da Barcellona. Tutti abbattuti dai proiettili questi dieci simulatori, perché la cintura esplosiva posticcia – quasi ridicola perché improvvisata con materiali casalinghi acconciati a sembrare finti candelotti e finti circuiti elettrici – ha preso il posto della pastiglia di cianuro. Indossata bene in evidenza, assicura che i poliziotti non prenderanno rischi, non si avvicineranno e cominceranno a sparare.
I terroristi evitano così il rischio di essere catturati vivi e vanno direttamente al quid di tutta la faccenda, essere ammessi al paradiso – come del resto recitano sempre le formule di commiato dello Stato islamico per i suoi “martiri”: taqabaluhullah, “che Dio lo accetti”. E questa volontà di morire, questa richiesta di essere uccisi, quest’obbligo che cade sui poliziotti – “abbattetemi, perché non potete sapere se questa è una bomba vera oppure no” – dà la misura del nemico. Questi si gettano nelle operazioni con la convinzione di essere già morti, a cui è data la facoltà ancora per poco di agire, di guidare furgoni, di scappare sotto l’occhio delle telecamere di sicurezza, di progettare altri colpi. Del resto è la stessa difficoltà incontrata dalle squadre della Delta Force americana che in Iraq e in Siria entra in territorio nemico per catturare i leader più importanti dello Stato islamico.
Finora in anni di operazioni ne hanno preso vivo soltanto uno, gli altri si sono fatti ammazzare – o si sono fatti saltare in aria con una cintura esplosiva vera – piuttosto che finire davanti a un interrogatorio.