Chi dice che l'Italia non è stata ancora colpita dal terrorismo islamista si sbaglia
Quello dei terroristi islamici è un programma preciso contro la vita. E il nostro paese in questi anni di attentati ha visto morire oltre quaranta persone
Al direttore - Conoscevo le Ramblas di Barcellona quando non erano ancora l’affollato luogo di turismo e di divertimento che sono oggi. Erano gli anni Settanta quando Barcellona e tutta la Spagna erano ancora avvolte nella cupa atmosfera del franchismo, e con altri ragazzi italiani, lo racconto qui per la prima volta, avevo partecipato proprio sulle Ramblas a una manifestazione di protesta contro il regime – era il 1° maggio, una festività vietata, subito dispersa dai lacrimogeni e dalle camionette della Guardia civil. Allora l’impegno per la libertà era quello contro la dittatura del generale Franco, oggi la libertà dei giovani catalani, di turisti che amano Barcellona e di tutti gli europei è minacciata da un nuovo fascismo, il fascismo islamico.
Oggi è stata colpita la Spagna, dopo la Francia, la Germania, l’Inghilterra, il Belgio. In molti commenti di questi giorni si legge che solo l’Italia non è stata ancora colpita e ci si chiede quando ciò avverrà. Ma non è proprio così. Come se più di 40 italiani non fossero già stati spazzati via, in attentati in Francia, Inghilterra, Egitto, Turchia, Arabia Saudita, Tunisia, Bangladesh, Nigeria, ad uno ad uno come fuscelli, tanti quanti una strage di grandi dimensioni.
Sono cittadini comuni, come noi, che, a differenza delle vittime del terrorismo rosso e nero, sono ben poco ricordati. I loro nomi spariscono presto dai giornali, forse perché non “spendibili” politicamente da una parte o dall’altra.
A questo elenco di vittime si sono aggiunte le tre di Barcellona: Luca Russo, Bruno Gulotta, sacrificatosi per salvare i suoi figli e Carmela Lopardo, italo-argentina, partita da bambina dalla Basilicata per trovare fortuna in Argentina e testimone di un’epoca in cui noi eravamo immigrati.
I luoghi che il terrore islamista ha voluto colpire in Europa hanno un valore simbolico preciso. Sono teatri, ristoranti, concerti, mercatini natalizi, feste sul lungomare come a Nizza, mete di turismo di divertimento e culturale come a Barcellona, luoghi dove si celebra la vita e che rappresentano il nostro stile di vita. Per questo i caduti di Barcellona e tutti gli altri vanno ricordati come “testimoni dell’occidente”.
L’esatto contrario dei fanatici che celebrano il dare e darsi la morte. Infatti nei territori di cui si era impadronita l’Isis aveva cancellato ogni segno del vivere insieme, dalla televisione ai libri, dalla musica allo sport e i suoi abitanti erano stati ridotti ad esseri che mangiano e pregano avvolti in vesti nere.
E’ un programma contro la vita preciso, l’imam Khomeini, poco prima di prendere il potere in Iran, aveva sentenziato: “La vita è la feccia dell’esistenza”. Questo è il programma anche per l’Europa.
L’Isis sta perdendo pezzo per pezzo il semi-stato che aveva costruito. Ma l’ideologia che lo nutre troverà altri corpi da occupare e intanto centinaia di militanti, anche foreign fighters di ritorno da Iraq e Siria, si apprestano a colpire nel mucchio, basta che vi sia un numero sufficiente di persone.
Spesso sono giovanissimi e, come a Barcellona, le loro fotografie riprendono volti allucinati.
Ho avuto modo a Milano in questi giorni nel mio lavoro di giudice di celebrare giudizi direttissimi nei confronti di giovani africani e nordafricani allontanatisi dai Centri di accoglienza e arrestati per piccoli reati.
E’ un contatto impressionante. Sono giovanissimi, allo sbando, senza una famiglia in Italia, sono analfabeti o hanno frequentato solo una scuola coranica, sono privi di qualsiasi riferimento umano e culturale, molti vagano per la città in attesa di qualcosa che dia un senso alla loro esistenza.
Condivido quindi quanto ha scritto Souad Sbai, la giornalista di origine marocchina, secondo la quale bisogna stare molto attenti a quanto accade nei Centri d’accoglienza, soprattutto quelli per i minori.
Basta un’esaltazione in più durante la preghiera, un compagno che funge da punto di riferimento psicologico e può iniziare il processo di radicalizzazione. E’ un transito rapidissimo che può completarsi in poche settimane, anche in pochi giorni. Attenzione dunque.
Dopo la strage di Barcellona si sono sentiti meno, per fortuna, quelli secondo cui il terrorismo non ha nulla a che fare con l’Islam. Gli sciocchi, è difficile trovare altri termini, che danno da mangiare ai coccodrilli in buona fede o contando forse di essere mangiati per ultimi.
Vale la pena comunque di ricordare loro che l’islam è l’unica grande religione a base essenzialmente militare, da un capo militare come Maometto è stata fondata, e che ha sempre programmato la sua espansione sulla conquista di territori e non sul convincimento delle coscienze delle persone che li abitano.
L’islam, salvo una sua evoluzione che sembra lontanissima perché invece che progredire sembra in questi anni regredire, credo sia incompatibile con la democrazia. I suoi cardini, come credono tutti, non solo i fanatici e gli integralisti, lo ha ricordato recentemente in un’intervista lo scrittore Ferdinando Camon, sono che il fedele vale più dell’infedele, l’uomo vale più della donna, l’emirato vale più della democrazia. E in più morire per Allah è un bene.
E noi che amiamo la vita e forse anche una passeggiata sulle Ramblas, siamo la feccia dell’esistenza
Guido Salvini,
magistrato