La nuova dottrina Trump in politica estera
Bloccati aiuti e armamenti all’Egitto. A Washington qualcosa si muove contro gli “alleati” riottosi
Roma. Ha bombardato Assad, ha sanzionato ancora di più la Russia, ha danzato con il sovrano saudita e ha aumentato le truppe in Afghanistan. Questo Trump in politica estera comincia a essere sorprendente, o forse la fazione dei generali dietro di lui ha imparato a farsi ascoltare, soprattutto ora che il consigliere Steve Bannon è stato estromesso. Fatto sta che ieri l’Amministrazione Trump ha bloccato 96 milioni di dollari di aiuti e 195 milioni di dollari di fondi militari diretti all’Egitto, che è pur sempre il secondo alleato regionale in medio oriente dopo Israele. I motivi dell’annuncio americano sono “la carenza di progressi nel campo dei diritti umani e i rapporti troppo stretti con la Corea del nord”. Difficile credere che il presidente Trump, dopo avere fatto l’elogio di Saddam Hussein, di Muammar Gheddafi e di Bashar el Assad per la loro brutalità “contro i terroristi” ora abbia deciso di mettere a repentaglio l’alleanza fondata sulla realpolitik con il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. Anche se, come sappiamo alla perfezione in Italia dove ancora aspettiamo l’ammissione di responsabilità per la morte di Giulio Regeni, il governo del Cairo in questi ultimi anni ha creato davvero problemi nel campo dei diritti umani. E’ più semplice credere all’esasperazione trumpiana nei riguardi di alleati che fanno una politica estera dannosa verso l’America. I rapporti stretti tra Egitto e Corea del nord ci sono per davvero e Washington sta sanzionando a destra e a manca per tagliare chi commercia con il regime che minaccia una guerra atomica con l’America. Stessa postura minacciosa è stata assunta da Trump con il Pakistan, alleato sottobanco con i talebani. Trump e i suoi consiglieri stanno regolando conti lasciati per molto tempo in sospeso.