Macron in tour nei paesi dell'est per cambiare le regole del lavoro europeo
È il suo primo vero negoziato europeo da presidente: "Se non si interviene contro il dumping sociale si rischia di smantellare l’Europa"
Roma. È il primo vero negoziato europeo da presidente quello che sta affrontando Emmanuel Macron nel suo viaggio di questa settimana in Europa dell’est. Oltre alla volontà di alimentare la sua immagine di uomo decisivo nella politica internazionale ed europea infatti, il presidente francese ha messo al centro dei colloqui la riforma della direttiva europea sui lavoratori distaccati. La direttiva, in vigore dal 1996, permette ai lavoratori dipendenti di un paese dell’Unione di poter andare a lavorare temporaneamente, per delle missioni precise, in un altro paese europeo. L’idea alla base della direttiva era semplificare le procedure burocratiche: i costi sociali del lavoratore, come contributi o minimi salariali, restano quelli del paese di origine. Ciò comporta, però, che nel mercato del lavoro francese o tedesco un lavoratore con un contratto polacco o romeno costi molto meno al datore di lavoro di un dipendente con un contratto francese o tedesco. Una concorrenza “sleale” che danneggia i lavoratori dei paesi dell’Europa occidentale. A questo problema si aggiungono le frodi: molte imprese spostano fittiziamente la sede nei paesi più convenienti per poter usufruire della direttive, e assumere manodopera meno costosa per utilizzarla negli stati con costo del lavoro più elevato.
Mercoledì, a Salisburgo, davanti ai primi ministri austriaco, slovacco e ceco, Macron ha chiarito la posizione francese: “La direttiva sui lavoratori distaccati, per come funziona attualmente, è un tradimento allo spirito europeo e nei nostri paesi è solo benzina per il populismo”, rincarando la dose ieri, a Bucarest: “Se non si interviene contro il dumping sociale si rischia di smantellare l’Europa. Nessuna opinione pubblica dei paesi fortemente sviluppati accetterà il sistema come funziona oggi”. Secondo quanto riporta il Financial Times, più del 50 per cento dei lavoratori distaccati è impiegato in Francia, Germania e Belgio. La proposta francese è limitare la durata dei contratti, abbassandoli a un massimo di 12 mesi, mentre adesso il massimo è 36. “A lavoro eguale, eguale remunerazione” sostiene Macron, che vorrebbe un voto a maggioranza qualificata sulla sua proposta entro novembre. Stando alle dichiarazioni ufficiali, il viaggio può considerarsi riuscito: ha fatto capire ai partner europei che la Francia intende andare fino in fondo per cambiare la regola, i paesi dell’est si sono mostrati disponibili a raggiungere un compromesso, e l’opinione pubblica francese ha apprezzato la capacità del presidente di difendere gli interessi nazionali.
La scelta di includere nel viaggio determinati paesi e non altri non è stata casuale. Austria, Slovenia e Repubblica ceca da tempo collaborano informalmente, e sono favorevoli a una maggiore integrazione europea; Bulgaria e Romania, gli altri due paesi con i quali Macron ha organizzato colloqui, non si sono distinte per la loro intransigenza negli ultimi anni. Polonia e Ungheria invece, guidate da governi fortemente euroscettici, sono state escluse dal tour. È probabile, nota Reuters, che Macron abbia voluto inserirsi tra le diverse posizioni, coinvolgendo i paesi che hanno atteggiamenti più morbidi e isolando polacchi e ungheresi. Secondo l’agenzia britannica, che cita un diplomatico francese di alto rango rimasto anonimo, l’esclusione è un segnale deliberato di Macron.
In ogni caso, difficilmente la Francia otterrà un voto senza offrire contropartite. Il giornale di Praga Lidové Noviny ha scritto mercoledì che il primo ministro ceco Bohuslav Sobotka è pronto a uno scambio con i francesi: “I cechi si sono mostrati disponibili a negoziare la modifica della direttiva europea, ma chiedono che i francesi non sostengano il piano di ripartizione dei migranti per quote in tutti i paesi dell’Unione”. Anche la Romania ha probabilmente chiesto uno scambio: ieri a Bucarest Macron si è detto favorevole ad appoggiare la richiesta romena di entrare nello spazio Schengen.