Manifesti elettorali a sostegno di Angela Merkel (foto LaPresse)

"Nonostante le debolezze, l'Ue sta erodendo il potere degli stati". Parla Cassese

Finalmente si muove anche la “gamba” sovranazionale, grazie alla forza tranquilla di Merkel

Professor Cassese, come valuta le recenti dichiarazioni della cancelliera Merkel? Avranno un impatto sul futuro dell’Unione europea?

La signora Merkel ha criticato la Polonia per il mancato rispetto dei princìpi dello stato di diritto, difeso le sue aperture ai rifugiati, dichiarato che non è giusto lasciare sole Italia e Grecia a fronteggiare l’arrivo dei migranti, criticato l’industria automobilistica tedesca, proposto di creare un bilancio europeo in grado di aiutare le riforme strutturali nei paesi in difficoltà, dato il suo appoggio alla proposta di creare un ministro del Tesoro europeo e un fondo destinato ai salvataggi in caso di situazioni inaspettate. Ha mostrato di procedere come una forza tranquilla e coraggiosa, capace di decisioni critiche nella politica interna e lungimiranti in quella europea (come, in precedenza, quelle sul nucleare e sulle unioni tra persone dello stesso sesso).

 

Dà quindi una valutazione positiva?

Certamente. Tanto più che questi indirizzi “fanno sistema” con altre proposte, come quella del maggio 2017 del ministero tedesco delle Finanze, di legare i fondi di coesione europei al rispetto dei princìpi di base dello stato di diritto, compresa la solidarietà sociale.

 

Al di là delle singole proposte, qual è la linea di tendenza che lei vede in questi indirizzi?

Questi sono il segno che non si muove solo l’Unione europea intergovernativa, la seconda gamba dell’Unione, quella sviluppata a Maastricht nel 1992, ma anche l’Unione europea sovranazionale o comunitaria, la prima gamba dell’Unione, quella che risale al 1957. 

 

E le due gambe servono per camminare, all’Unione per progredire.

Proprio così. Una serve per avanzare, l’altra per confermare i progressi fatti. E’ inesorabile che, lentamente, l’Europa che riunisce i governi nazionali e procede all’unanimità faccia spazio all’Europa della Commissione europea e del Parlamento, retti dal principio di maggioranza.

 

E l’Unione bancaria?

Questa è la terza componente, un potere sovranazionale molto forte, che assorbe dentro di sé quelli nazionali (negli organismi europei che ne sono al vertice sono rappresentate le banche centrali nazionali).

 

Ma il progresso dell’Unione bancaria, la terza componente, è stato travolgente, nel periodo successivo al 2008. Quello dell’Europa intergovernativa è sotto gli occhi di tutti, anche con le sue lentezze, come in tutti i condomini. Si vede meno il progresso dell’Unione comunitaria o sovranazionale.

Le faccio due esempi. In base alle norme europee sulle concessioni, gli stati non possono affidare le concessioni, prorogarle, revocarle, ad libitum, secondo la loro volontà. Debbono fare gare, stipulare contratti, rispettarli. Quindi, la concessione, l’atto d’imperio e unilaterale per eccellenza, una delle maggiori manifestazioni della sovranità statale, è sottoposta alle regole del mercato, è divenuta “contratto di concessione”. Il potere dello Stato è eroso, perché esso può prendere meno decisioni unilaterali, deve operare quasi come un privato.

 

Il secondo esempio?

Il cosiddetto “bail in”, cioè il divieto di ricorrere alla finanza dello stato per salvare le banche (o almeno il divieto di ricorrervi in prima istanza). Costituisce un capovolgimento di una storia lunghissima di salvataggi, ora non più possibili, o ammissibili solo in condizioni limitate.

 

E tutto questo era scritto nei trattati firmati a Roma nel 1957?

Sì e no. Sì, perché lì c’era la formazione del mercato comune, con i limiti agli aiuti di stato, che possono creare squilibri nei mercati. No, perché fino a tempi recenti il divieto di aiuti di stato non è stato inteso in termini così pervasivi. Insomma, è un divieto che ha una ampia potenzialità

 

Come si manifesta questa potenzialità?

Erodendo lo stato, come è accaduto nei due casi che ho ricordato, la trasformazione delle concessioni in contratti di concessione e i limiti ai salvataggi statali delle banche, con accollo alla finanza pubblica del relativo costo. Quali migliori prove del progresso dell’Unione europea come potere sovranazionale?

 

Vedo che lei è ottimista e considera l’Unione europea un organismo vivo e vitale, contrariamente a molti che ne lamentano le debolezze.

Debolezze ce ne sono, e tante. Le ha analizzate molto bene uno dei nostri più acuti studiosi di scienza politica, Sergio Fabbrini, in un libro intitolato Sdoppiamento. Una prospettiva nuova per l’Europa, edito da Laterza. Chi vuole capire la complessa fabbrica dell’Europa deve leggere questo libro, che è un’autentica e illuminante guida nei labirinti, nelle oscurità e nelle complicazioni dell’Unione europea, ma anche una illustrazione dei suoi successi (pensi che gli stati si sono sviluppati in un arco oscillante tra 3 e 5 secoli, l’Unione solo in 60 anni). Ma debbo aggiungere che, mentre trovo esemplare la parte analitica, la diagnosi, contenuta in quest’opera, non sono convinto dalla proposta che l’autore avanza, quella di sdoppiare le due anime, quella del mercato comune e quella dell’Unione politica.

 

Previsioni sul futuro?

Auspici, più che previsioni. Quello di una integrazione crescente, seguendo i due punti cardinali scritti nei trattati europei: una “unione sempre più stretta” e il rispetto delle “tradizioni costituzionali comuni”. Il primo principio guarda al futuro, il secondo tiene conto del passato. Preferisco questi a quelli che evoca la Corte costituzionale tedesca, orientata in una direzione chiaramente diversa da quella della cancelliera (sempre la questione dell’identità nazionale; ora, nella decisione del 18 luglio 2017 relativa all’acquisto di obbligazioni statali da parte della Banca centrale europea, anche la questione della responsabilità di bilancio dei parlamenti nazionali). Un libro dell’anno scorso di un nostro dottissimo storico senese, Giulio Cianferotti, intitolato 1914. Le Università italiane e la Germania, edito dal Mulino, ricorda che prima dello scoppio della guerra mondiale del 1915-’18 vi era una generazione di studiosi arrivata a quarant’anni senza conoscere passaporti e che questa civiltà senza passaporto conosceva anche il libero flusso dei capitali. Questo è il mio auspicio per il futuro.

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