AfD, missione terzo posto
Il partito tedesco chiede un aiuto all’amico inglese Farage e punta a fare il colpaccio in parte della Ruhr
Berlino. Il 24,8 per cento in Sassonia-Anhalt e il 20,8 in Meclemburgo-Pomerania. Nella sua breve vita politica, il partito populista tedesco Alternative für Deutschland ha dimostrato di sapere mietere larghissimi consensi all’est, nei Länder depressi dove la crisi strutturale post Ddr non è mai passata, capaci di offrire un’unica soluzione ai disoccupati locali: migrare all’ovest. Le percentuali record dell’AfD risalgono al 2016, l’anno della crisi dei rifugiati iniziata pochi mesi prima con gli arrivi dei profughi mediorientali. In tempi ed elezioni più recenti la formazione populista ha fatto meno bene, ottenendo il 5,4 per cento nella Saar a sud, il 5,9 nello Schleswig-Holstein a nord e il 7,4 per cento a ovest, nel Nord Reno-Westfalia (Nrw). In vista delle elezioni per il Bundestag a fine mese, l’AfD si è impegnata in una nuova campagna di visibilità, ingaggiando all’occorrenza anche Nigel Farage. L’ex leader dell’Ukip, al secolo Mr. Brexit per aver vinto il referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Ue, ha accettato “con molto entusiasmo” l’invito a un’uscita a Berlino con Beatrix von Storch, eurodeputata dell’AfD nota in Germania per i suoi inviti alla polizia a sparare sui migranti.
In alcuni collegi elettorali a ovest, l’AfD non avrà però bisogno dell’aiuto di alcun Farage ex machina. A dispetto del modesto 7,4 per cento di maggio, il partito dovrebbe fare bene almeno in una parte corposa del Nrw: il bacino della Ruhr. Nella storica regione del carbone, a maggio l’AfD ha strappato anche il 15 per cento. E’ però impossibile considerare la Ruhr come un’unità politica e sociale: con i suoi oltre cinque milioni di abitanti e mille centri di ogni dimensione, è molto diversificata. Fra le costanti che la caratterizzano ci sono però una spiccata deindustrializzazione, un’accentuata presenza di immigrati e una tradizionale prevalenza dei socialdemocratici (rimandati però a maggio all’opposizione). E’ in alcuni distretti di Gelsenkirchen e di Duisburg, città orfane dell’acciaio, che il partito anti immigrati ha fatto il massimo dei voti con un programma improntato sul sociale.
In queste aree l’AfD ha promesso di rafforzare il programma Hartz IV, il sussidio concesso ai disoccupati di lunga durata, chiedendo l’esclusione degli stranieri. Propositi destinati ad aumentare la disgregazione sociale in un’area, come ricorda al Foglio il politologo dell’Università di Colonia Christoph Butterwegge, “in cui la spaccatura sociale fra ricchi e poveri corre lungo l’autostrada A40”, una linea che taglia in due la regione e le sue città: i ricchi a sud, i poveri a nord. E se è vero che l’AfD pesca trasversalmente da tutti i partiti, “molti dei suoi elettori non sono poveri, ma piccoli artigiani ed esponenti della classe media che nella povertà temono però di scivolare”. Non è solo la disoccupazione a far paura, “ma anche la forte crescita degli impieghi mal retribuiti”, in un distretto obbligato a reinventare se stesso. Per Butterwegge, l’AfD è riuscita là dove numerose formazioni di estrema destra (come i Republikaner o l’Npd) hanno fallito: “Sfruttare a proprio favore una congiuntura politica favorevole come la crisi dei rifugiati per sdoganare una piattaforma nazionalista e conservatrice, condita da un linguaggio violento”.
L’AfD trae poi forza dalle proprie campagne xenofobe, ma se all’est mancano sia il lavoro sia gli stranieri, nel Nrw (sotto)occupazione e immigrati non fanno difetto. “Nelle mie classi la maggior parte degli studenti è straniera di terza generazione”, racconta al Foglio Claudia Diller, insegnante di Storia e Filosofia a Marl, a nord di Essen, “e quello che assieme alle mie colleghe noto sempre più è una chiusura delle comunità su se stesse”. I giovani musulmani sono sempre più religiosi e tendono a separarsi dagli altri, anche festeggiando i voti positivi fra di loro. “Quando gli parli ti dicono che rispettano la Costituzione, ma sai bene che non lascerebbero mai le proprie sorelle decidere per se stesse. Spesso sono molto meno integrati dei loro genitori”.