Per Time Selena Gomez cambierà il mondo più di Angela Merkel
Il settimanale stila una lista di 45 donne in grado di ispirare le nuove generazioni. La Cancelliera non c'è. In fondo lei non fa storytelling, fa la storia
Le donne che stanno cambiando il mondo sono 45. Le ha contate il Time e poi le ha raccolte in un libro-piattaforma-progetto, Firsts (Le Prime), nel quale “ogni donna o ragazza possa trovare qualcuno la cui presenza nelle più alte sfere del successo le dimostri che salire è sicuro e che, in alto, la vista è spettacolare”.
Tra le celeberrime, ci sono Selena Gomez, Oprah Winfrey, Hillary Clinton, Serena Williams, Shonda Rhimes, che condividono con le altre (oceanografa, filantropa, pilota, poetessa, scultrice, eccetera) l’attestazione di un primato: la prima CEO latinoamericana, la prima transessuale con un ruolo di spicco nella prima serata televisiva; la prima anchorwoman lesbica; la prima astronauta che ha camminato nello spazio; il primo Segretario di Stato americano donna. Eccetera. Non c'è la Cancelliera tedesca, Angela Merkel, prima donna della storia a governare la Germania, donna più potente del mondo (stando a Forbes), leader più influente dell'Unione Europa, capace di dire, al suo paese preso d'assalto dai migranti, inimicandosi elettorato e partito: accogliamoli, Wir schaffen das, ce la possiamo fare (era il 2015). Ma volete mettere con l'inane impresa di guadagnarsi cento milioni di follower su Instagram (Selena Gomez), produrre il proprio talk show (Oprah), dirigere una major hollywoodiana di animazione (Jennifer Yuh Nelson), perdere le elezioni americane (Hillary Rodham Clinton).
Magari è solo che le magnifiche 45 sono quasi tutte americane (o naturalizzate americane), tuttavia lo strillo strilla “Le 45 donne che stanno cambiando il mondo” e non “le 45 americane che stanno cambiando il mondo”. L’assenza di Merkel chiarisce che il criterio con cui il Time ha creato la sua quarantacinquina (e peccato che gli statunitensi non consultino la Smorfia napoletana e non sappiano che il numero 45 significa, oltre che vino buono, molte altre cose tra cui befana) non è il cambiamento che il primato conquistato da ciascuna donna apporta, concretamente, nel mondo, bensì la sua potenzialità ispirante, il suo coefficiente di sprone.
Ciò che il Time intende per cambiare il mondo è portare le donne a svettare laddove nessuna donna ha svettato mai. La Kanzlerin, in questo senso, è poco iconica e ancor meno ispirante: lei guida la Germania per guidare la Germania e non per dimostrare che una donna può farlo. Non è mai stata una testimonial della lotta alla discriminazione femminile. Lei è la cancelliera tedesca, non una donna che fa la cancelliera tedesca. L’anno scorso, quando il presidente nigeriano, Muhammudu Buhari disse, in sua presenza, “il posto di mia moglie è in cucina”, lei non tradì che un leggero imbarazzo, perché dei maschilisti se ne frega: è così che li annienta. Non scrive tweet "da vera campionessa", come quello che Serena Williams ha indirizzato a John McEnroe, quando lui ha dichiarato che, se lei fosse stata un tennista maschio, non avrebbe superato il settecentesimo posto (“Porta rispetto e lasciami in pace!”). Non istruisce rappresaglie per debellare il machismo. Non suscita empatia. “E' difficile svegliarsi ogni mattina e guardare i successi altrui. Per questo, dico ai miei fan che la vera forza è essere vulnerabili”, racconta Selena Gomez nel suo contributo per Firsts. Spiegando gli intenti del progetto, Nancy Gibbs, direttrice del Time (prima direttrice nella storia del settimanale), ha detto che le selezionate hanno piena consapevolezza delle proprie responsabilità e sono “desiderose di raccontare storie che sorprendano e stupiscano”. Storie di donne che ce l’hanno fatta e non hanno mai mancato di ribadire quanto sia stato difficile farcela nonostante fossero donne, né di attribuire il proprio talento al proprio sesso.
Niente di più lontano da Angela Merkel, che - lo ha spiegato bene Paola Peduzzi - adotta “la strategia del silenzio: ascolta, valuta, si fa un’opinione, non la esprime, agisce di conseguenza, infine espone la sua teoria” e non si sogna di porsi come modello per le nuove generazioni di donne, non fa storytelling: fa la storia. Invece, le donne che cambiano il mondo, a quanto pare, sono storytelling incarnato.
I conservatori inglesi