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Neue Rechte, la nuova destra degli intellettuali tedeschi

Giulio Meotti

I sulfurei cervelli dell’Afd (i fan di Hayek, l’assistente di Sloterdijk, il figlio di Joachim Fest)

Roma. Nel luglio 2014, Nicolaus Fest, figlio del grande storico e giornalista Joachim (il biografo di Hitler e direttore della Faz), scrisse un commento per la Bild am Sonntag, riferendosi all’islam come a un ostacolo all’integrazione. Il direttore del giornale, Marion Horn, si dissociò dalle affermazioni di Fest, il quale rinunciò alla rubrica e nell’ottobre del 2016 entrò a far parte dell’AfD, il partito della destra antisistema arrivato terzo alle elezioni di domenica. Nella conferenza stampa in cui annunciava l’ingresso nell’AfD, Nicolaus Fest ha paragonato l’islam al nazismo.

 

Una decisione che ha spiazzato non pochi accademici, giornalisti e intellettuali tedeschi. Cosa stava succedendo al mondo della cultura se il figlio di Fest si metteva con quella gente? “Il radicalismo tedesco non è mai stato veramente forte, perché i simpatizzanti delle loro idee erano intellettualmente poco credibili”, ha scritto la Zeit. “Questo sta cambiando”. Non soltanto dentro all’AfD, ma ai suoi margini tanti intellettuali agitano idee affini, prima con Pegida, adesso con la formazione entrata al Bundestag.

 

C’è la corrente legata alla Fondazione Hayek. Racconta la Süddeutsche Zeitung che tre membri del direttivo dell’AfD fanno parte della fondazione che prende il nome dal grande Premio Nobel per l’Economia e padre del liberismo. Si tratta della leader dell’AfD, Alice Weidel, della nobile Beatrix von Storch e dell’economista Peter Boehringer. La loro ascesa al vertice della destra ha messo in crisi la Fondazione al punto che alcuni membri hanno lasciato i loro incarichi. Del gruppo che ha stilato il programma dell’AfD c’è un filosofo, Marc Jongen, che ha detto di voler “impedire la decostruzione della famiglia e del popolo”. Jongen ha lavorato come filologo presso la Hochschule für Gestaltung di Karlsruhe, dove è stato assistente di Peter Sloterdijk, uno dei massimi filosofi tedeschi viventi.

 

Jongen è il teorico del thymos, il coraggio greco, una delle tre “facoltà dell’anima” accanto al logos e all’eros, ragione e desiderio. “Non ho niente a che fare con le idee dell’AfD”, ha subito detto Sloterdijk. Contro la teoria del gender, Jongen propone “l’educazione alla virilità”. Non si riferisce solo ai problemi di genere. L’intera “sovrastruttura culturale e religiosa” della società deve essere protetta in questo modo. Secondo Adam Kirsch di New Republic, il pensiero di Sloterdijk in fondo è tutta una riformulazione del concetto nicciano di Übermensch, di superuomo. E questo, in un paese come la Germania, inquieta non poco.

 

Vicino alle idee dell’AfD sull’immigrazione anche il celebre scrittore Reinhard Jirgl, il vincitore del Premio Büchner, il massimo premio letterario tedesco. C’è il biografo di Goethe, Rüdiger Safranski, secondo il quale “la Germania ha perso la sua sovranità dopo il 1945 come nazione sconfitta e siamo diventati infantili, non sappiamo più cosa significhi politica estera”. Per settimane, la classifica delle vendite di Amazon è stata dominata dal libro dello storico Rolf Peter Sieferle, “Finis Germania”, un grande atto d’accusa contro la tentazione suicida della Germania a vocazione multiculturale. Il libro è uscito per le edizioni Antaios, fondata da Götz Kubitschek, che guida una piccola corazzata di editori conservatori della Neue Rechte, la nuova destra tedesca.

 

Come la Manuscriptum, fondata da Thomas Hoof, un ex politico dei Verdi oggi critico dell’immigrazione. Pubblica autori incendiari come Akif Pirinçci, che ha perso il suo contratto con la Random House dopo una dichiarazione molto critica sull’islam. Il suo ultimo libro, “Die Umvolkung Deutschlands” (L’assimilazione della Germania), usa il termine “umvolkung” reso sinistramente noto dai nazisti. Ci sono i siti web, come FreieWelt.net, edito da Sven von Storch, il marito della parlamentare AfD, e Compact, diretto da Jürgen Elsässer, un giornalista di sinistra critico della Merkel sull’immigrazione. Molti di questi hanno base nella ex Ddr, la Germania dell’Est, dove, ha spiegato Kubitschek, “la gente ha visto uno stato crollare ed è più sospettosa della politica”. C’è un intellettuale di rango come Frank Böckelmann, ex militante socialista direttore della rivista Tumult, l’autore del libro “Il gergo del cosmopolitismo” in cui critica la “ipermorale”. La Faz scrive che la visione di questi intellettuali vicini all’AfD ricorda il sulfureo Leo Naphta, il protagonista della “Montagna Incantata” di Thomas Mann, il gesuita che predica il pessimismo storico.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.