Il Jurassic Park della sinistra europea (e i finti tonti)
Germania, Olanda, Francia. Il caso Italia. Che c’entra la grande coalizione? I disastri progressisti spiegati con una torta
Ma che c’entra la grande coalizione? Da qualche anno a questa parte, l’espressione utilizzata domenica scorsa per sintetizzare il risultato ottenuto in Germania dall’Spd di Martin Schulz è diventata la vera e unica costante dei risultati della sinistra europea alle elezioni politiche: “Il risultato peggiore della sua storia”. E’ andata così con la socialdemocrazia di Schulz, che nella sua storia non aveva mai toccato un punto così basso (20,5 per cento). E’ andata così in Francia qualche mese fa, dove i socialisti, sia alle presidenziali di aprile (6,3 per cento) sia alle legislative di giugno (20 seggi), hanno toccato il punto più basso della loro storia. Lo stesso in Olanda, dove a marzo i laburisti hanno ottenuto il 9,4 per cento, e prima ancora in Spagna, sia nel 2015 sia nel 2016, dove il Psoe ha ottenuto il peggior risultato della sua storia. Lo stesso qualche mese prima in Grecia, con il Pasok al 4,7 per cento. Lo stesso in Austria nel 2013. Lo stesso in Italia ancora nel 2013, dove il Pd ha fatto segnare un risultato che così negativo non si vedeva dal 1963 (25 per cento). E lo stesso potrebbe accadere in Repubblica Ceca dove il Partito laburista arriva al voto del 22 ottobre forte di un consenso che si aggira attorno al 12 per cento.
La sconfitta di Schulz dunque – sconfitta che arriva a pochi mesi da un’altra sconfitta di un altro partito laburista, quello inglese, che pur avendo registrato un risultato importante, il 40 per cento, è riuscito a perdere contro un partito conservatore ridotto a brandelli – segna l’uscita di un nuovo partito progressista dalle stanze di una cancelleria europea e anche per questo, per capire qualcosa di più sul futuro della sinistra, può essere interessante mettere a fuoco in quali contesti di governo esiste ancora una sinistra, in un’epoca in cui la sua specie sembra essere destinata ad arricchire più il Jurassic Park della politica che i palazzi di governo. In Italia e in Austria la sinistra vive in una grande coalizione. In Portogallo si trova in un’ampia coalizione di centrosinistra, benedetta dalla Troika. In Svezia governa senza maggioranza in Parlamento. In Grecia governa con un partito di sinistra, Syriza, che ha subìto però una mutazione genetica. L’unico paese, in Europa, in cui la sinistra ha i numeri per governare in modo autonomo è la Malta di Muscat – a meno di non voler considerare la presidenza di Macron come (e un po’ lo è) un’evoluzione naturale della sinistra francese. Tutto questo ci dice qualcosa di semplice che in modo surreale continua a essere ignorato da una buona parte degli osservatori italiani.
La sconfitta dell’Spd non nasce per ragioni legate alla sconfitta della grande coalizione (fateci il piacere) ma nasce per ragioni legate a una crisi più grande che riguarda la sinistra mondiale. E i contesti in cui la sinistra riesce a sopravvivere o persino a vivere e a ottenere risultati sono contesti in cui la galassia progressista ha scelto di arrendersi alla realtà, accettando di dover fare i conti con una storia che è finita e con un’altra che deve necessariamente cominciare. In altre parole, le sinistre che riescono a stare lontane dai contesti jurassici sono sinistre che chiudono definitivamente con un passato in cui (copyright Paolo Mieli) potevano permettersi il lusso di essere specializzate solo nella divisione di una torta, e non nella sua creazione. Sono sinistre che capiscono che per creare delle torte devono servirsi spesso di ingredienti mai utilizzati nella loro vita. Sono sinistre che non trasformano la propria storia nel più grande ostacolo sul percorso della propria crescita.
Possiamo coprirci gli occhi quanto vogliamo, ma in Europa gli unici casi di sinistre che hanno mostrato una capacità a realizzare torte diverse rispetto a quelle poco digeribili del passato si trovano in Italia, in parte in Grecia, in parte a Malta, in parte in Portogallo. La Grecia di Tsipras ci dice che i partiti di sinistra che possono avere un futuro sono quelli che, anche a costo di subire mutazioni antropologiche profonde, accettano di competere in un contesto politico in cui l’Europa diventa un alleato da difendere e non un nemico da combattere. In Portogallo l’esperienza delle sinistre al governo ci dice che i progressisti possono avere possibilità di sopravvivere al governo se, anche a costo di tradire il proprio passato, accettano di preparare torte con ingredienti usati un tempo anche dagli avversari. In Italia l’esperienza al governo prima di Renzi e poi di Gentiloni ci dice che una sinistra che non vuole fare la fine del Pasok in Grecia, dei socialisti in Francia, dei laburisti in Olanda è una sinistra che deve avere il coraggio di innovare, di osare, di rompere gli schemi, di affrontare alla radice tutti i suoi tabù. Non sarà forse sufficiente, ma una sinistra che non si sforza di rompere in modo feroce con il passato è una sinistra destinata all’estinzione. E prima di dire che il problema del floscio Schulz è stata la grande coalizione, forse varrebbe la pena notare che vincere contro Angela Merkel è un’impresa che in Germania non riesce a nessuno non da oggi ma ormai da dodici magnifici anni. Se c’è qualcosa di instabile non è la sinistra tedesca. E’ la sinistra mondiale, che tranne miracolosi casi isolati ogni giorno fa un piccolo e folle passo verso le celle del suo Jurassic Park.