La macchina delle fake news russe ora si muove sulla Catalogna
Un’inchiesta del País svela il prossimo obiettivo dell’operazione di destabilizzazione. Da RT ad Assange a Twitter
Roma. Proviamo a fare un bilancio dei risultati di quella grande rete di interferenza, propalazione di fake news, propaganda e guerra asimmetrica che – secondo le agenzie di intelligence – la Russia ha messo in campo negli ultimi anni per destabilizzare e frammentare l’occidente. Negli Stati Uniti, dove questa rete si è materializzata e resa nota al grande pubblico, il successo è stato eccezionale – e, a giudicare dalle ultime rivelazioni di Facebook sui falsi account russi, l’influenza perdura dalle elezioni dell’anno scorso a oggi. Alle elezioni francesi, invece, i troll russi hanno fatto fiasco: Marine Le Pen ha perso nonostante il loro sostegno. In Germania invece il risultato è chiaroscurato, ma tendenzialmente buono: le forze antisistema hanno ottenuto un risultato sorprendente, grazie a una gran rimonta compiuta nelle ultime settimane. Trascorse le elezioni tedesche, la “macchina dell’ingerenza” si è già concentrata sul prossimo obiettivo: il processo secessionista in Catalogna.
Ieri il País ha pubblicato una lunga inchiesta in cui si racconta come la macchina della propaganda che ruota intorno all’orbita russa è entrata in fibrillazione per diffondere e amplificare fake news e notizie tendenziose sulla questione catalana. L’autore dell’articolo, David Alandete, inizia con i vettori per eccellenza della propaganda russa nel mondo: RT e Sputnik, i due network finanziati dal Cremlino. RT ha una versione in spagnolo che da settimane pubblica articoli falsi o parziali sulla questione catalana, come uno di pochi giorni fa in cui sosteneva che l’Unione europea fosse pronta ad accogliere la Catalogna in caso di indipendenza (nessun leader Ue si è espresso in questo senso). RT e Sputnik riprendono inoltre i frequenti tweet di Julian Assange sul tema. Da qualche tempo il fondatore di Wikileaks, che ha legami conclamati con la Russia, si è trasformato nel più seguito e rituittato sostenitore della causa catalana. Un suo tweet del 15 settembre (“Chiedo e tutti di appoggiare il diritto della Catalogna all’autodeterminazione. La Spagna non si può permettere di normalizzare atti di repressione per fermare il voto”) è stato rituittato 12 mila volte e ha ricevuto 16 mila like: secondo il País sono un po’ troppi perfino per Assange, soprattutto perché questi like e rituit sono arrivati tutti insieme nel giro di pochissime ore, massimo un giorno. Secondo il giornale spagnolo, il messaggio di Assange sarebbe stato amplificato da un esercito di bot, di account falsi e automatizzati creati allo scopo di dare più eco possibile a un contenuto. In effetti, centinaia di account Twitter conosciuti come bot e solitamente dediti alla diffusione di propaganda russa nelle ultime settimane hanno iniziato a condividere articoli in favore della causa catalana, segno che l’obiettivo si è spostato.
Julian Assange è inoltre l’autore di un tweet del 9 settembre in cui paragona le proteste a Barcellona a quelle di piazza Tiananmen nella Cina del 1989. Nella metafora, ovviamente, Madrid fa la parte del governo cinese autoritario. L’equazione Barcellona=Tiananmen è diventata in breve tempo virale, e decine di siti filorussi hanno ripubblicato in questi giorni l’immagine iconica del manifestante davanti ai carri armati per denunciare l’autoritarismo spagnolo. Ironicamente, la propaganda russa ha iniziato a parlare di “primavera catalana” per definire il processo secessionista: il riferimento ovvio non è solo alle primavere arabe, ma anche alle “rivoluzioni colorate” come quella in Ucraina. E molti argomenti della propaganda citano come esempio positivo di democrazia da contrapporre al caso catalano il referendum tenuto nel 2014 nella penisola di Crimea militarmente occupata. In Catalogna la macchina propagandistica russa si è mossa in ritardo, e probabilmente inciderà poco su una situazione che è già incancrenita senza bisogno di fattori esterni. Ma l’intervento a sostegno degli indipendentisti è una prova ulteriore del fatto che le operazioni russe di guerra asimmetrica in Europa non hanno bandiera: dagli ultranazionalisti del Front National francese ai separatisti catalani, l’unico obiettivo è la destabilizzazione.