Se l'opzione Giamaica va, Merkel dirà (ancora) grazie al "bombastico" Altmaier
La cancelliera sta valutando tutte le opzioni per formare il futuro governo e ad aiutarla c'è il suo uomo-ponte
Milano. Il tempo è l’unica variabile che conta davvero per Berlino e per la cancelliera Angela Merkel: non ci può mettere troppo per formare il governo. L’Europa è preoccupata per l’instabilità (fortemente esagerata) della Germania e ci sono appuntamenti elettorali imminenti – il 15 ottobre in Bassa Sassonia – che è bene affrontare, soprattutto per i cristianodemocratici che guidano le trattative di coalizione, con una prospettiva di governo consolidata. La fretta non piace alla Merkel, come si sa affronta i problemi con calma e metodo – per i detrattori fin troppo: la sua cautela sfocia nell’indecisione, dicono – ma con i calcoli politici è piuttosto ferrata quindi ha già detto più volte che una soluzione si troverà in tempi ragionevoli, richiamando ogni partito alla propria responsabilità.
La strada per ora più accreditata è quella della coalizione Giamaica, con i liberali e i verdi – e con il partito che compone l’Unione della Cdu/Csu, cioè i cristianosociali bavaresi che alle elezioni sono andati malissimo, che sono nervosi e che hanno elezioni nel loro Land il prossimo anno. Ognuno fissa le proprie condizioni, starà poi a Merkel trovare la quadra, ma in questo è aiutata dal suo chief of staff, quel Peter Altmaier che due giorni fa era lanciato sulla Bild con il titolo “Mr Boombastic”, agghindato con i colori giamaicani e gli inevitabili capelli rasta. Altmaier è considerato l’uomo-ponte tra la cancelliera, i verdi e i liberali. La Bild scrive che se i negoziati non saranno troppo accidentati e un pochino rapidi, si dovrà ringraziare questo robusto “fixer in chief”, che soltanto una decina di anni fa, da parlamentare proveniente dal Saarland, era convinto che non avrebbe fatto carriera con la Merkel, “lei ha un debole per gli uomini magri”. Negli ultimi anni Altmaier è stato al centro di tutto: a Berlino dicono che chi non vuole (o non può) scontrarsi direttamente con la cancelliera, va da lui. E’ stato Altmaier – raccontava l’Economist a luglio – a spingere il bailout greco al Bundestag, è lui che ha reso concreta la “rivoluzione energetica” del governo– ci sono foreste di pale eoliche in Germania –, lui che ha negoziato con la Turchia l’accordo sui migranti (senza passare dai ministeri), lui che gestisce il lato tedesco dei negoziati sulla Brexit, lui che ha aiutato nella stesura del manifesto elettorale e ha guidato la campagna elettorale.
In contrasto con l’ala tradizionalista della Cdu, Altmaier ha ottimi rapporti con i verdi e con i liberali (pessimi invece con la Csu, è troppo liberale per i palati cristianosociali). Il legame con i verdi si è creato negli anni Novanta, quando Altmaier faceva parte della “Pizza connection”, un gruppo di moderati cristianodemocratici e di esponenti dei Verdi che si incontravano al Sassella, un ristorante italiano di Bonn. Con il leader dei liberali, Christian Lindner, Altmaier ha un ottimo rapporto: soprattutto lui non era ancora il “talebano del merkelismo” quando i liberali erano al governo con la Cdu, tra il 2009 e il 2013. Quegli anni di coabitazione schiacciarono l’Fdp, che infatti andò male alle elezioni successive, ma Altmaier non è considerato tra i responsabili dell’annientamento. Così oggi può esercitare al meglio la sua lealtà verso la cancelliera, cercando di apparecchiarle una coalizione stabile, pur se di fretta.