La strategia sbagliata di Rajoy
Gli scontri ai seggi, il boicottaggio fallito. Così il premier spagnolo ha perso ottime possibilità di far valere le sue tante ragioni contro un processo indipendentista azzardato e raffazzonato
Barcellona. Fate conto di essere Mariano Rajoy questa sera, alla chiusura delle urne in Catalogna, dopo una giornata che è stata molto più pacifica di quello che è parsa sui media catalani e internazionali ma che, comunque, è stata dominata dalle notizie della violenza della polizia spagnola contro i pacifici indipendentisti catalani.
La storia è più complessa di così, ma nella foga del momento, con le immagini della polizia spagnola in nero e dei cittadini che piangono, si sono persi via molti degli argomenti di legalità e realismo politico che dominavano la discussione nei giorni scorsi.
Ma ecco, immaginate di essere Mariano Rajoy. Ventiquattro ore fa, alla vigilia del voto, avevate sostanzialmente due opzioni a vostra disposizione: o evitare del tutto il voto con una operazione di polizia chirurgica ed efficace, passando per antidemocratico, sì, ma sigillando il problema catalano in un sicuro cordone di sicurezza, oppure lasciare che la Catalogna votasse, passando per un tardivo David Cameron ma affrontando i passi successivi da una posizione di legittimità rinnovata. Arrivate a stasera. Queste due opzioni ve le siete rovinate entrambe.
Gli errori strategici dello stato spagnolo sulla questione catalana sono antichi e noti ma finora, grazie a un buon mix di strategie azzeccate e stratagemmi, il governo era sempre riuscito a far valere la voce della legalità. Ma davanti alla sfida particolare del referendum dell'1-O, si può dire che Madrid abbia sbagliato ogni scelta importante e perso ottime possibilità di far valere le sue tante ragioni contro un processo indipendentista azzardato e raffazzonato.
Il governo centrale avrebbe potuto fare un'operazione di polizia notturna, massiccia ed efficace prima della concentrazione dei manifestanti a ogni seggio. Avrebbe potuto obliterare i Mossos d'Esquadra, inviare la polizia a tutti i seggi e bloccare ogni possibilità di voto. Invece si è mosso tardi, quando migliaia e migliaia di persone erano ormai mobilitate, ed è successo quello che sappiamo.
Avrebbe potuto, altrimenti, lasciare che la gente votasse, evidenziare le palesi contraddizioni e irregolarità, e iniziare una battaglia politica e mediatica serrata contro le istanze indipendentiste. Invece ha deciso comunque di intervenire con manifestazioni di forza insensate, ed è successo quello che sappiamo.
C'era una terza opzione: quella del boicottaggio telematico. Pare che il governo ci abbia provato, alla vigilia del voto ha mandato la Guardia civil nel quartier generale delle operazioni telematiche di Barcellona e per tutta la giornata di domenica le operazioni di voto hanno subìto dissesti consistenti. Ma anche in questo caso l'obiettivo non è riuscito davvero, e alla fine la gente ha votato.
Insomma, sembra che il governo spagnolo abbia provato tutte le strategie senza una direzione precisa, fallendo in tutti i campi - e mostrando, nel caso della supposta "battaglia informatica", una grave impreparazione.
Così oggi Rajoy si trova nella posizione peggiore possibile: additato dall'opinione pubblica internazionale come picchiatore antidemocratico, ha perso definitivamente la battaglia del sostegno esterno pur avendo tutte le carte in regola per vincerla, e al tempo stesso non è riuscito a fermare il referendum. Quando infine il Parlament di Barcellona dichiarerà l'indipendenza, il premier spagnolo si troverà tutti gli occhi del mondo addosso, perché avrà lasciato che i suoi oppositori mostrassero al mondo solo una versione sbagliata o, quanto meno, parziale della storia: quella di un popolo oppresso da uno stato centrale illiberale.