Un ultimo aiuto alla Grecia di Tsipras. Conviene a tutti
Tenuta in Europa in cambio di sacrifici inauditi, non deve essere ributtata nel circuito infernale dell’austerità ora che la ripresa ha messo radici quasi dovunque
La prima prova di maturità europea si chiama Grecia. Si chiama Tsipras, Alexis Tsipras. Ora il premier di Atene dice a giusto titolo che il peggio è alle spalle della Grecia. Vedrà Trump, forse a metà ottobre. Ha rimesso l’economia del paese dentro il mercato del credito internazionale. In agosto, l’anno prossimo, c’è la scadenza dell’ultimo bail out. Il Fondo monetario e la Commissione di Bruxelles litigano sul che fare. Ma c’è poco da litigare. I greci hanno subito tredici tagli delle pensioni, che erano un obbrobrio di diseguaglianze e di assistenzialismo. Ma li hanno subiti. Hanno subito il più grande piano di privatizzazioni internazionali della storia europea. I cinesi al Pireo, con ottimi risultati per adesso. I canadesi alle miniere. I tedeschi alla gestione degli aeroporti.
Il turismo va molto bene. La crescita c’è. Segnali di ricostruzione di un’identità normale, nel paese tra i più malamente indebitati del mondo, arrivano, anche se i redditi sono ancora da fame molto spesso. E sono chiari, i segnali. Tre anni fa non si potevano ritirare al bancomat più di 60 euro al giorno. Tutto scarseggiava. Infiniti problemi sanitari, e altri drammi umanitari, punteggiavano il panorama sociale di un paese in tragica crisi e immerso in una imprescindibile austerità. I chiacchieroni “de sinistra”, le brigate internazionali da talk-show, scommettevano su ogni tipo di rottura: uscita dall’euro, che i greci non volevano, mettersi nelle braccia di Putin, che non aveva di che contraccambiare, affrontare quello che il narciso Varoufakis chiama il Minotauro globale, basta farsi mangiare i figli da un capitalismo mostruoso incapace di tagliare i debiti e offrire il famoso pasto gratis.
Ora la disoccupazione, sempre molto alta, è diminuita sensibilmente. Valori relativi, ma valori. Le aree di miseria sociale sono sempre molto estese, ma in riduzione relativa. Grazie all’austerità, sotto la conduzione di un governo di sinistra populista e di una sinistra di governo che ha affrontato alla fine con modestia e fattiva umiltà i suoi tremendi problemi, quel paese benedetto e dannato ricomincia a mangiare e a respirare. Il fisco è meno ridicolo di una volta. Lo stato ha una sua fisionomia e non sembra più qualcosa di simile a una greppia per i famelici partiti di nomenclatura. I nazi sono ai margini. I liberali storici hanno visto occupare il loro posto dai neoliberali di Syriza.
Ovviamente Tsipras è basso nei sondaggi. Vorrei vedere. Era partito con la demagogia più sfrenata e ha dovuto e voluto con pragmatismo ingegnoso ritirarsi sul fronte del compromesso e del realismo. Era nelle premesse. Gli osservatori più accreditati lo avevano sempre descritto come un potenziale uomo di stato, di fatti, di intelligenza delle cose per quello che le cose effettivamente sono. La sua leadership è fragile, mentre la sua opera è stata robusta. Al compimento del tutto, e alla riforma dello spirito nazionale che comporta, e al ripristino di elementari criteri di vita buona dopo una crisi propriamente infernale, serve ora, ora che alcune faccende decisive sono state ragionevolmente avviate a soluzione, un aiuto con la ristrutturazione o il taglio del debito insostenibile. Qualcosa che reinneschi su basi più sicure il ciclo degli investimenti appena in ripresa, e la crescita che ha tassi superiori a quelli di molti paesi, diciamo così, concorrenti in Europa. L’area euro, se ha un significato politico e un profilo strategico, e l’asse franco-tedesco, e il complesso dell’Europa con l’Italia dentro che ha saputo dare una mano a Irlanda e Portogallo, e anche alla Grecia in cambio di sacrifici inauditi, ora deve muoversi, sostenere Tsipras, dare una mano ai greci e non a chiacchiere. Mi sembra elementare. Tenuti dentro, non devono essere ributtati nel circuito infernale dell’austerità ora che la ripresa ha messo radici importanti quasi dovunque. E paradossalmente la salvezza politica di Tsipras è interesse comune di francesi, tedeschi, italiani, spagnoli, degli olandesi e di tutti coloro che hanno, con il Fondo e gli americani non esclusi, scommesso su una salvezza nazionale che era identica con la salvezza dell’euro. Il destino della Grecia di Tsipras riguarda da vicino il rilancio dell’Europa e delle sue riforme.