Che faccia vuoi mostrare, Tsipras? I tormenti di un radicale
Il premier greco ha scadenze rilevanti e una domanda esistenziale. “La rivoluzione e’ come la bici. Se smetti di pedalare, cadi”
Bruxelles. Nel momento in cui la Grecia si sta rimettendo in piedi, il suo primo ministro, Alexis Tsipras, è di fronte all’ennesima scelta politicamente esistenziale in vista delle elezioni del 2019. Indossare per la terza volta i panni di ribelle dell’austerità e delle riforme per cercare di stuzzicare l’orgoglio nazionalista greco contro i mostri della Troika e del Fmi, salvo dover capitolare come nelle due precedenti occasioni? Oppure tenere un profilo basso e adeguarsi alle prescrizioni dei creditori internazionali in cambio della stabilità finanziaria garantita dagli aiuti europei, sperando che i greci si dimentichino di tutte le sue promesse sulla fine dell’austerità? A Tsipras non rimane molto tempo per scegliere. L’attuale programma di salvataggio da 86 miliardi di euro scade nell’agosto del 2018.
Quest’autunno il governo di Atene dovrà affrontare una terza “review” (revisione, ndr) del programma. Per continuare a beneficiare degli aiuti, e soprattutto per ottenere il tanto sospirato (da Tsipras) sconto sul debito (il cosiddetto debt relief), la Grecia deve negoziare con i partner e attuare 95 misure che andranno a colpire la base elettorale del suo partito, Syriza: revisione dei benefit sociali, riforma del mercato del lavoro, tagli nella pubblica amministrazione, trasformazione del settore dell’energia e privatizzazioni. Il calendario politico consiglia a Tispras di scegliere in fretta di adeguarsi, senza troppo protestare, alle richieste dei creditori. A gennaio il nuovo ministro delle Finanze tedesco potrebbe essere un liberale della Fdp che difficilmente, come primo atto di governo, sceglierà di firmare un assegno alla Grecia. A gennaio scade anche il mandato di due interlocutori chiave che, tra alti e bassi, hanno costruito una relazione con il ministro delle Finanze di Tispras, Euclid Tsakaloos, e aiutato Atene a salvarsi. Il presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijssebloem, e quello dell’Euro Working Group, Thomas Wieser, lasceranno il posto a qualcuno di meno sperimentato e autorevole, che potrebbe non avere le capacità diplomatiche e il peso politico per ammansire i tedeschi, gli olandesi e i finlandesi. Ma, vista la storia degli ultimi 34 mesi e la caduta nei sondaggi di Syriza, Tsipras potrebbe tornare a fare lo Tsipras, mettendo nuovamente a repentaglio la Grecia.
Dal gennaio del 2016 tutti i sondaggi realizzati in Grecia dicono che Nuova Democrazia ha superato Syriza. In questo 2017 il vantaggio registrato dagli istituti demoscopici per il partito conservatore guidato dal giovane Kyriakos Mitsotakis va dagli 8 ai 20 punti. I sondaggi in passato sono stati una bussola politica per Tsipras. Quando Syriza è in calo, non c’è niente di meglio di uno scontro con la ex Troika per rilanciarsi. Ogni review rappresenta un’occasione: è accaduto con la prima revisione del programma nel 2016 e in misura minore con la seconda nella primavera 2017. E rischia di accadere nuovamente ora. I primi segnali ci sono stati in settembre, quando Eldorado Gold, un’impresa di estrazione di oro canadese che è anche il più grande investitore straniero in Grecia, ha annunciato la sospensione delle sue operazioni dopo che il governo aveva rifiutato di concedere i permessi per due progetti di estrazione nel nord del paese. Le attività di Eldorado Gold erano osteggiate da entrambi i partiti della strana grande coalizione populista guidata da Tsipras: l’ala sinistra di Syriza e i nazionalisti dei Greci indipendenti guidati da Panos Kammenos. L’Eurogruppo è stato costretto a intervenire ricordando a Tsakalotos che gli investimenti esteri sono parte essenziale del percorso per rimettere in piedi la Grecia (e una delle condizioni per ottenere gli aiuti). Solo allora il dossier Eldorado Gold è stato sbloccato da Tsipras. Ma “non sarebbe onesto dire che il governo greco crede davvero nelle riforme”, spiega al Foglio un’autorevole fonte dell'Eurogruppo.
A Bruxelles, dove la razionalità e il buon senso guidano la politica tecnocratica molto più delle passioni populiste, il consiglio indirizzato a Tsipras è di essere ragionevole e cooperativo. “Cosa farà alle elezioni del 2019 se non avrà ottenuto il taglio del debito?”, chiede la fonte dell’Eurogruppo. Se il programma di risanamento e riforme concordato con i creditori “non sarà finalizzato, non ci sarà taglio del debito. Tsipras deve convincersi che in un modo o nell’altro gli conviene” rispettare gli impegni, dice la fonte. Fare gesti clamorosi, come cercare di finanziarsi direttamente sui mercati, sarebbe un errore: “sarebbe stupido pagare tassi esorbitanti a dei fondi americani”. Andare allo scontro con l’ex Troika per soddisfare “gli estremisti di Syriza” significherebbe ripiombare la Grecia nell’incertezza con gravi conseguenze economiche proprio nel momento in cui la ripresa sta prendendo piede, aggiunge la fonte dell’Eurogruppo. Ma l’Eurogruppo è consapevole del fatto che Tsipras sia totalmente imprevedibile. Nel 2015, dopo sei mesi di braccio di ferro inutili, aveva chiamato i greci a raccolta in un referendum contro il Memorandum e l’accordo con l’Europa, salvo fare una grande marcia indietro in meno di due settimane di fronte alle banche chiuse, ai controlli sui capitali e alla prospettiva della Grexit.
Con l’Europa distratta dalla Brexit, dai suoi piani di rilancio e dalla crisi in Catalogna, il primo ministro greco potrebbe tentare un’altra scommessa populista. “La rivoluzione è come la bicicletta: se smetti di pedalare, cadi”, ricorda un altro funzionario europeo. Alla fine si riassume a questo il dilemma Tsipras: per far prosperare la Grecia e i greci, deve rinunciare alla giovinezza e comportarsi come il leader di un partito di centrosinistra moderato. Le prove generali sono già in corso. A ogni Vertice europeo, Tsipras viene accolto tra i capi di stato e di governo della famiglia del socialismo europeo. Ma l’ingresso di Syriza nel Pse non è ancora stato formalizzato. L’interrogativo è se Tsipras accetterà di fare la fine del Pasok, l’ex partito della sinistra tradizionale greca schiacciato dall’ascesa di Syriza.