Il referendum catalano è solo l'ennesima iattura per lo sfigato Re Felipe
Dopo il pasticcio la monarchia spagnola traballa
Roma. Il Re più fico del mondo rischia il posto di lavoro. Ancora non ne sono stati fatti, di sondaggi, o sono tenuti riservati, ma è chiaro che dopo il pasticcio catalano la monarchia spagnola traballa. L’ultima consultazione del 2014 vedeva il 62 per cento degli spagnoli favorevoli a un referendum sulla monarchia dopo l’abdicazione di Juan Carlos. Chissà adesso.
La Spagna sbrindellata, con Catalogna o no, rischia di aggiungere Felipe VI, anzi Felipe Juan Pablo Alfonso de Todos los Santos di Borbone e Grecia, secondo il nome completo, alla crepuscolare lista dei sovrani in esilio (il più illustre di tutti, suo zio Costantino di Grecia). Peccato perché Felipe de todos los santos oltre che due righe di nomi di battesimo e il physique du rôle è passato da tutti i riti che oggi si richiedono alle moderne monarchie; dall’emancipazione generazionale al fondamentale matrimonio borghese. E’ anche l’unico re maschio della Generazione X, quelli nati tra i ’60 e gli ’80.
Il papà Juan Carlos, re cacciatore, cacciatore in utroque, per dirla con Gadda, avido utilizzatore finale di elefanti ed elefantesse, se sterminava le prede aveva però salvato la democrazia, o almeno ne aveva fatto da testimonial (forse per la coda di paglia d’esser stato messo sul trono da un dittatore). Il re nato a viale Parioli era poi un divo dei rotocalchi, che lo ritraevano in moto, in barca, negli eccessi di velocità, in tutti i travestimenti insomma dei sovrani simpatici.
Però poi come con tutte le celebrity la storia d’amore mediatica era finita, e gli spagnoli a un certo punto avevano smesso di essere non solo monarchici, ma anche juancarlisti, secondo la vecchia massima. Anche la dignitosa figuretta della regina Sofia, unica figlia, moglie, e mamma di Re in circolazione, non era servita. Le sorelle megere non hanno aiutato, con una tangentopoli iberica per traffico di influenze, e l’infanta Cristina quasi incarcerata a causa del marito spilungone. Pure il matrimonio con Letizia Ortiz era partito male. Addirittura divorziata, addirittura con un lavoro, addirittura giornalista (era 13 anni fa, non ora che anche i Windsor si apprestano a sposare attrici). E poi però era aveva vinto la tigna, era arrivata l’anoressia, e poi l’abdicazione paterna e il Regno, finalmente.
Il nuovo status si era manifestato quest’estate con la visita di stato delle Loro Maestà Cattoliche alle altre Maestà anglicane, Elisabetta d’Inghilterra e consorte. In quell’occasione, in un discorso alle Camere, Felipe aveva sfoggiato un’eloquenza che aveva lasciato molti stupefatti (era stato infatti finora un principe non particolarmente disinvolto nei proclami). E poi la barba, a coronamento del nuovo status regale: Filippo improvvisamente è apparso più ganzo anche dei rivali di sempre, Federico di Danimarca e Carlo Filippo di Svezia, che però sono solo principi.
La moglie, forse ancora anoressica ma ciò che più conta, Regina: a Londra sfoggiando vestitini e fasce e tiare, forse sempre restia al cibo ma pacificata (oscurando addirittura Kate Middleton, fotografata imbronciata, impallata da un centrotavola). Adesso è arrivato l’odioso referendum catalano. Gliene hanno dette di ogni, al Re. Prima perché non ha parlato per giorni (e tutti a pensare ai monarchi sdegnosi nel loro silenzio, alla “The Queen”, il royal movie di Steven Frears); poi perché ha parlato, e tutti a massacrare “il discorso del re” (che fantasia). “Indegno per un capo di Stato” secondo la sindaca di Barcellona Ada Colau; “Mette a rischio il paese” secondo il leader di Podemos, Pablo Iglesias. Mentre basterebbero tutti i riferimenti cinematografici per capire quanto indotto e immaginario generano le monarchie (mentre di film su presidenti, che non siano almeno ammazzati, non ne risultano poi di memorabili).
I conservatori inglesi