Così Rajoy prepara la prossima mossa alla sfida di Puigdemont
Il piano segreto degli indipendentisti per ottenere la “complicità” internazionale e quello del premier spagnolo, che tenta di bloccare la secessione
Roma. La vigilia dell’apparizione di Carles Puigdemont davanti al Parlament di Barcellona per “discutere della situazione politica” e, presumibilmente, dichiarare unilateralmente l’indipendenza della Catalogna è fatta di mezze parole, frasi ritratte, indizi. Ha iniziato domenica notte il governatore catalano, che in un’intervista a Tv3, la televisione pubblica locale, ha annunciato che “applicheremo quello che dice la legge” sul referendum, vale a dire: dichiareremo l’indipendenza. Il segmento è uscito tra le anticipazioni di Tv3 scatenando infinite speculazioni ma poi è stato cancellato nel programma andato in onda, sostituito da una dichiarazione molto più generica. Lunedì Tv3 ha pubblicato su internet l’intervista integrale, ma tutti si sono chiesti: Puigdemont vuole coprire le sue carte o c’è ancora indecisione sulla Dui, la Dichiarazione unilaterale d’indipendenza?
Dopo la manifestazione oceanica di domenica, e dopo le notizie sulla fuga delle grandi banche e delle aziende da Barcellona, è chiaro che il “momentum” dei secessionisti è ormai bloccato, e che se il processo referendario era arrivato a uno stallo già prima, adesso rischia di essere condannato. Al Palau de la Generalitat le correnti bisticciano tra loro, con gli estremisti della Cup che dicono che non accetteranno una “indipendenza formale” e chiedono di “prendere il controllo del territorio”, mentre le frange più moderate chiedono di prendere tempo per ottenere una mediazione. Lunedì tuttavia la Guardia civil ha rivelato un documento riservato trovato tra le carte del ministro dell’Economia catalano Josep María Jové, in cui si designa un piano per ottenere una “disconnessione forzosa” dalla Spagna, attraverso un “conflitto democratico di ampio appoggio popolare orientato a generare instabilità politica ed economica”. Secondo questo documento, le offerte di mediazione degli scorsi giorni sono parte di un piano necessario per ottenere la “complicità” internazionale e questo fa temere che Puigdemont continuerà con la linea più intransigente.
A Madrid intanto Mariano Rajoy si gode l’uscita dalla crisi nera di una settimana fa, quando la reazione spropositata della polizia al referendum aveva generato sdegno internazionale, e ora che la manifestazione di domenica ha dato corpo alla “maggioranza silenziosa” unionista il premier può pensare alle contromisure da adottare in caso di Dui. Anche lui mantiene le carte coperte: la sua vice Soraya Sáenz de Santamaría ha detto che il governo prenderà “tutte le misure necessarie” e che lo scarno testo dell’articolo 155 si presta a molteplici interpretazioni, visto che non è mai stato applicato in precedenza. Secondo il País, Rajoy sta studiando l’applicazione – a completamento o a sostituzione del 155 – di varie gradazioni di stati emergenziali in base a una legge approvata subito dopo il tentato golpe del 1981, che consente al governo un’ampia gamma di azioni che vanno dalla sospensione di alcuni diritti politici all’applicazione della legge marziale in Catalogna. E’ quasi certo che parte della strategia passerà per i tribunali e per la lotta legale. Lunedì Pablo Casado, portavoce del governo, ha detto che Rajoy userà “la Costituzione e il Codice penale” per impedire la secessione catalana. Il Tribunale superiore di giustizia della Catalogna, inoltre, lunedì ha tolto la gestione esclusiva della sicurezza del Palazzo di giustizia di Barcellona ai Mossos d’Esquadra, il corpo di polizia dipendente dalla Generalitat e la cui fedeltà allo stato è messa in discussione. Da lunedì sette camionette della Polizia nazionale si affiancano a quelle dei Mossos, segnale del fatto che Madrid vuole garantire la sicurezza di quelle istituzioni che più di tutte saranno funzionali alla strategia di risposta alla Dui.
Anche l’applicazione dell’articolo 155 e la sospensione dell’autonomia catalana ormai non sono più così improbabili. Santamaría non le ha escluse e lunedì Pedro Sánchez, leader del Partito socialista, dopo settimane di tentennamenti sembra infine aver ceduto all’ala più falca del suo partito e ha detto che il suo partito “appoggerà la risposta dello stato di diritto” alla Dui: un’apertura, anche se non esplicita, al 155. Per applicare l’articolo costituzionale, in teoria Rajoy non avrebbe bisogno dell’appoggio socialista: è necessaria la maggioranza assoluta dei voti del Senato spagnolo, che il Partito popolare già possiede. Ma per un passo così difficile per la democrazia spagnola, il premier ha bisogno del sostegno politico più ampio possibile. Per domani sera, i movimenti sociali indipendentisti hanno già indetto manifestazioni oceaniche davanti al Parlament.
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