Sebastan Kurz (foto LaPresse)

Ma l'Austria non può tenere il muso al mondo

Giuliano Ferrara

Strache, Kurz e il benessere mischiato al cattivo umore. In vista a Vienna un sistema di consenso fondato sulla grettezza provinciale. Servirebbe un po’ di generosità

L’Austria mi dà fastidio. E’ ridicolo, ma è così. Ha un reddito pro capite di 45.000 euro, il più alto in Europa. La disoccupazione è ai minimi. Hanno trovato il modo di decristianizzarsi senza strepito, smettendo di andare in chiesa, questi cattolici controriformisti dei miei stivali. Sono principi della dissimulazione, hanno convinto il mondo che Mozart era dei loro e Hitler era tedesco, mentre è vero il contrario. Come modelli politici, dopo una onorata storia di grandi coalizioni, si sono scelti qualche anno fa Haider, vissuto da araldo del nazionalismo etnicizzante e caduto da eroe del piacere, una meteora. Adesso, nel corso di una campagna elettorale piena di buchi, di falsi, di intimidazioni, si sono scelti questo Strache, un haideriano di riporto, e questo Kurz, che sarà anche giovanissimo ma poi chissenefrega, ha tutta l’aria di un opportunista in erba. Mi mette di cattivo umore il loro benessere mischiato al cattivo umore. Vivono di lavoro distaccato, a carico loro che non vogliono fare certi lavori e dei paesi dell’est europeo dai quali ricavano (uno su sei) la manodopera per arricchire tutti. Sono nel cuore avido e carnale di un continente progredito, avrebbero tutti gli strumenti linguistici, culturali e politici per razionalizzare la città, invece la riempiono di eccessi di paura, come e peggio degli ungheresi e dei polacchi, per certi versi.

 

Il ricco timoroso, inquieto, che si avvale di tutti gli strumenti della modernità liberale o neoliberale, ma solo per evitare di disfarsi del naturel sauvage, come dice l’ottimista Macron, per inselvatichirsi nell’ideologia trionfante della prosperità, ecco, è un tipo europeo di cui diffido. E’ vero che hanno i conti in ordine, il deficit è allo 0,6 per cento. E’ vero che Easyjet si è trasferita a Vienna, preferendo quella capitale mostruosamente bella e musicale ai paradisi fiscali anglosassoni. E’ vero che il paesaggio austriaco è qualcosa di tanto bello che la sola idea di inquinarlo facendolo calpestare agli immigrati, magari islamici, può generare ribrezzo nelle valli. Ma insomma. Non si può avere botti piene e mogli ubriache. L’Austria potrebbe essere un faro in senso culturale e politico, invece si avvia a diventare un sistema di consenso fondato sulla grettezza provinciale. Che disastro.

 

I tedeschi hanno i loro problemi, ma ragionano con fatica da europei, lucrano sull’eccesso di esportazioni, vogliono tenersi una gestione solidamente egoista del circuito della moneta unica, sono pieni di difetti, come noi cugini latini, intendiamoci, che di difetti ne sappiamo qualcosa, ma alla fine tengono botta. Così i francesi, che affrontano la grogne, la rivolta sindacale tra luddismo e conservazione, la diffidenza antiliberale, ma si dotano anche dell’antidoto, s’inventano un fenomeno di governo delle élite consapevole della necessità della riforma coesiva, del progetto, del senso del futuro. E gli spagnoli fanno fronte, gli svizzeri vogliono la bandiera quadrata, gli italiani si arrangiano, gli inglesi se ne vanno in un tripudio di irrazionalità, ma viva la faccia: gli austriaci stanno piantati lì e tengono il muso al mondo con quel popo’ di ricchezza e di protezioni sociali a disposizione.

 

Naturalmente ritiro tutto. Non si può provare astio per un grande paese. La realtà è mille volte più complessa di come la descrivo. Forse gli austriaci troveranno il modo di fare del risultato elettorale la chiave per liberarsi dalle loro ansie, paradossalmente. Mi auguro che dopo Francesco, tardi, quando verrà il momento, scelgano per Papa a Roma un domenicano, il cardinale Schoenborn, uno che sa che la teologia può essere popolare ma non è del popolo. Ho mille motivi per ritirare tutto e chiedere scusa con molta contrizione. Però siccome non piace neanche a me la dissoluzione dell’Europa cristiana, il piano inclinato, il pensiero unico politicamente corretto, vorrei che gli austriaci fossero diversi da quello che sembrano essere diventati, meno autoriferiti, meno storditi dalla complicazione del tempo, un tantino più generosi con un ambiente europeo che trae linfa da loro ma gli ha anche dato un tesoro di buona esistenza. Ci darebbero una mano.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.