Perché l'estradizione di Battisti non sarà affatto semplice
A decidere ora saranno i giudici del Tribunale supremo federale, che hanno in questo momento una visibilità e un potere enormi
Roma. Si complica la partita per ottenere dal Brasile l’estradizione di Cesare Battisti. Ora che a decidere saranno i giudici del Tribunale supremo federale (Stf), non si tratta più di convincere il presidente della Repubblica Michel Temer a cancellare con un nuovo atto firmato da lui il decreto presidenziale cui il suo predecessore Lula Da Silva rifiutò la richiesta italiana il 31 dicembre del 2010 e mettere subito dopo Battisti su un aereo per Roma prima che l’operazione si incagli. Si tratta di attendere che l’habeas corpus presentato dalla difesa dell’ex terrorista dei Proletari armati del comunismo, condannato in via definitiva all’ergastolo in Italia per quattro omicidi compiuti negli anni Settanta di cui si dice innocente, sia esaminato dal Stf, massimo organo giudiziario brasiliano i cui undici giudici hanno in questo momento una visibilità e un potere enormi perché nello lori mani (e in diretta tv) sono i passaggi finali della “Mani pulite” locale che ha stravolto negli ultimi anni la politica e le istituzioni del Brasile.
L’Alta Corte deve verificare la legalità di un rimpatrio di Battisti, che da quando è stato scarcerato nel 2011 non è un rifugiato ma gode di uno status migratorio a lui più favorevole: un permesso permanente di residenza e lavoro quale libero cittadino straniero. Non facilita la richiesta italiana che il governo Temer si sia già detto favorevole all’estradizione. Il fatto che il caso sia finito all’esame del Supremo, infatti, scaraventa il dossier Battisti nel pieno della guerra in corso tra potere giudiziario e potere esecutivo. E non è per niente detto che il giudici dell’Alta Corte abbiano voglia di fare un regalo a Temer. Molti di loro, tra l’altro, sono stati nominati dall’ex presidente Dilma Rousseff, scalzata dalla presidenza nell’agosto dell’anno scorso con un impeachment guidato proprio da Temer, allora suo vice, che dopo aver preso il suo posto è sopravvissuto con abili accordi parlamentari a un impeachment contro di lui per accuse di corruzione.
L’habes corpus presentato dagli avvocati di Battisti sarà discusso in seduta plenaria il 24 ottobre. Avrebbe dovuto essere affrontato e risolto venerdì scorso dal giudice monocratico del Supremo Luis Fux, che ha invece ritenuto opportuno prendere una decisione collegiale e ha passato il ricorso alla Primeira turma, la prima commissione dell’Alta Corte, composta da 5 giudici. Lì la difesa di Battisti avrebbe vinto facilmente. Invece la decisione è stata, con una legittima trovata procedurale, affidata al plenum del Stf. Al plenum la richiesta italiana ha la strada meno accidentata, ma rischia comunque di essere bocciata da 4 voti favorevoli alla difesa di Battisti (con il sì dei giudici Marco Aurélio Mendes de Farias Mello, Luis Fux,Edson Fachin e Rosa Weber) e 3 contrari (Gilmar Mendes, Alexandre De Moraes e e Ricardo Lewandowski, il voto di quest’ ultimo potrebbe però diventare il quinto voto a favore). Questo è il quadro se, come pare, non parteciperanno alla discussione perché si dichiareranno impediti a farlo i giudici Roberto Barroso, ex avvocato di Battisti, e i giudici Tofoli e Celso de Melo. La presidente del plenum, Cármen Lúcia, vota solo in caso di pareggio. La presidente ha già votato tre volte in favore di Battisti, nel 2009 e nel 2011.
Gli ostacoli giuridici all’estradizione sono molti. Innanzitutto il plenum dovrà verificare se un decreto di Temer possa ribaltare il rifiuto all’estradizione espresso dal decreto presidenziale firmato da Lula. Esiste il giudizio dell’avvocatura di Stato, che esaminò quel decreto e lo considerò impeccabile. E c’è una sentenza del Tribunale supremo che il 9 giugno del 2011 giudicò a sua volta il decreto giuridicamente perfetto, senza errori né vizi di forma, con sei voti a favore e tre contrari. Fu solo a quel punto che Battisti uscì di galera: non quando Lula rifiutò la sua estradizione, ma quando il Supremo disse che lo aveva fatto nel pieno della legittimità dei suoi poteri e con un atto impeccabile. Si può argomentare che Temer può, con un nuovo decreto presidenziale, annullare quello di Lula perché un decreto presidenziale è pur sempre un atto amministrativo ed esiste un criterio consensuale del Supremo (“sumula” si chiama questo criterio e nello specifico si tratta della sumula 473 del 1969) che prevede la possibilità per le amministrazioni di annullare i loro propri atti quando presentino vizi o risultino illegali, oppure revocarli per motivi di convenienza e opportunità rispettando i diritti acquisiti e previa valutazione giuridica.
Il problema nello stracciare il decreto di Lula non è, però, rappresentato solo dai giudizi di impeccabilità giuridica già espressi dall’Avvocatura di Stato e dall’Alta Corte, ma dal fatto che un nuovo decreto violerebbe proprio la famosa “sumula” perché è innegabile che estradare una persona che vive da sei anni liberamente con status di straniero residente significa ledere un suo diritto acquisito. Per di più, ogni decreto presidenziale ha, per legge, un tempo massimo di cinque anni entro il quale può, rispettando la sumula, essere modificato. In questo caso sono passati 6 e dieci mesi.
Battisti è inoltre padre di un bambino di quattro anni, cittadino brasiliano, e ha una moglie brasiliana, oltre che un lavoro in Brasile e tutti i documenti in regola. Non può perciò essere né espulso né deportato senza violare le leggi brasiliane su espulsione e deportazione, che potrebbero essere una alternativa gaglioffa ma efficace alla estradizione. In tutta la storia del Brasile c’è un solo caso in cui fu espulso uno straniero residente padre di un brasiliano. Avvenne nel 1953 e il delitto era stato commesso e giudicato in Brasile. Non in Italia, oltre trent’anni fa. Tra l’altro i reati per i quali è stato condannato Battisti, dopo 20 anni sono prescritti in Brasile.
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