L'Europa e la sovranità
Senza Merkel si muove poco. Al vertice a Bruxelles tornano i soliti problemi
Senza un governo pienamente funzionante in Germania, l’Unione europea non è in grado di muoversi sui grandi temi che l’attendono, a partire dalla grande riforma interna proposta da Emmanuel Macron nel suo discorso della Sorbona di settembre. E così, aspettando Angela Merkel e la coalizione Giamaica, il vertice di ieri a Bruxelles non poteva che essere di transizione. Nessuna decisione significativa è stata presa, nemmeno sulla Brexit visto che Theresa May ha le mani legate dal caos interno ai Tory e gli europei non sono pronti a passare alla seconda fase dei negoziati senza garanzie precise sui soldi. Donald Tusk, il presidente del Consiglio europeo, si è limitato a proporre ai leader un’agenda che arrivi a fine legislatura e un metodo di lavoro: molti più vertici formali e informali, con un coinvolgimento maggiore dei capi di stato e di governo in caso di paralisi tra ministri su questioni come il mercato unico digitale o l’immigrazione. Ma l’agenda Tusk, insieme al discorso della Sorbona, rende questa transizione diversa da tutte le altre. Nel momento in cui l’Ue è ferma in attesa della Germania (probabilmente fino a Natale), i governi e i parlamenti nazionali devono compiere una scelta esistenziale che – in sostanza – si riassume in una domanda: siamo pronti a trasferire più sovranità?
Al di là delle singole proposte concrete di Macron, il discorso della Sorbona costringe tutti a posizionarsi su quanto lontani si è disposti ad andare in termini di integrazione. Tusk ha fissato un calendario con le prime decisioni sulla zona euro e su un riassetto istituzionale nel giugno del 2018. Prima di allora ci saranno dibattiti su questi e altri “nodi gordiani”, ha detto il presidente del Consiglio europeo. L’agenda si proietta fino al giugno 2019 quando, superata la Brexit, l’Ue dovrebbe dotarsi di un ambizioso programma per la prossima legislatura. Sul metodo, quando ci sarà paralisi tra i leader, Tusk ha proposto di ricorrere alle cooperazioni rafforzate: può valere per l’immigrazione, la difesa, la lotta al terrorismo e questioni minori ma che hanno importanza per i cittadini. Il presidente del Consiglio europeo, che viene dalla Polonia, ha voluto anche dare voce alle preoccupazioni di una grande frattura tra ovest ed est: “L’unità non può diventare una scusa per la stagnazione, ma allo stesso tempo l’ambizione non può portare a divisioni”. Il rischio c’è e non è limitato all’Europa orientale. Anche il sud deve decidere quanta sovranità economica cedere in cambio di protezioni comuni o trasferimenti fiscali. Alla fine della transizione in gennaio il nodo gordiano della sovranità andrà sciolto.