Vitali Shkliarov, spin doctor tra America e Russia
Due chiacchiere con l'organizzatore della campagna elettorale di Sanders che esporta il modello Bernie a Mosca, tra gli antiputiniani
Roma. In sottofondo si sente un concerto di suonerie, dall’altra parte della cornetta, in una New York al risveglio, risponde Vitali Shkliarov. L’ex spin doctor dei sandersiani del Partito democratico americano e lo startupper della comunicazione politica in Russia, per i candidati anti Putin. Bielorusso, 41 anni, è cresciuto tra l’ex Unione sovietica, la Germania e gli Stati Uniti, dove si è trasferito con sua moglie, americana e dipendente del dipartimento di stato attualmente di stanza in Brasile. Così Vitali, che si definisce un drogato di politica e comunicazione, ha un sogno grandissimo: esportare il modello della campagna elettorale americana in Russia. “Avevo già lavorato come volontario per le elezioni tedesche”, dice Shkliarov al Foglio, “ma l’amore per la comunicazione politica è arrivato con Obama. Ho assistito a un suo discorso in Germania e il suo modo di rendere la conversazione così leggera e accattivante mi ha fatto capire che era in atto una rivoluzione”.
Era il 2008, l’ex presidente americano era stato eletto da pochissimo. Vitali aveva trentadue anni, non parlava bene inglese e rimase soggiogato da “quell’uomo fiducioso che ti faceva credere che tutto fosse possibile”. Quando nel 2010 lui e la sua fidanzata si trasferirono negli Stati Uniti, fu lei a convincere Shkliarov a proporsi per la campagna elettorale di Obama. “Facevo telefonate, ero un volontario e mi vergognavo terribilmente del mio inglese”. Obama ottenne il suo secondo mandato e nella testa di Vitali iniziarono a girare idee sempre più visionarie su come trasformare il mondo della politica. “Ho iniziato a lavorare per Bernie Sanders nel 2015, ammiravo Obama, ma in politica sono sempre stato più vicino a Bernie”, fa una piccola pausa, forse per ricordare, “io vengo dal grigiore di un piccolo paese bielorusso, con un unico partito, le idee di Sanders sono vicine alla gente. E’ una persona gioiosa e anche la sua campagna doveva essere una festa”. Una girandola. “Ai comizi di Bernie sembrava di stare a un festival. Lui mette il buonumore, eravamo a Woodstock”.
Vitali non lavora più per Sanders, ora ha deciso di dedicarsi alla Russia. Parla velocemente, senza sosta. Immettersi nel suo torrente comunicativo è difficile, ma lui cattura l’attenzione. Ride soddisfatto mentre spiega al Foglio la sua teoria del “political Uber”, brevettata durante le provinciali russe di quest’anno. “La politica non è una cosa per ricchi, non servono tanti soldi per candidarsi”, così Vitali ha organizzato la campagna elettorale low cost convincendo più di mille persone a presentarsi alle elezioni. “Non erano outsider della politica, ma gente preparata e laureata, che però non pensava di poter affrontare le spese di una campagna elettorale”. Molti rappresentavano Yabloko, il partito liberale di opposizione, e qualcuno ha anche vinto. La sfida, per Vitali Shkliarov arriva adesso. “Sosterrò Ksenija Sobcak e dirigerò la sua campagna elettorale. Lei ha tutte le caratteristiche di un candidato che non potrà mai farcela, ma io dico che è possibile”. La giornalista e conduttrice televisiva pietroburghese ha annunciato la sua candidatura mercoledì, “è una donna. Per i sostenitori di Putin è una traditrice, il capo del Cremlino ha sempre aiutato suo padre. E per lo stesso motivo, per gli oppositori di Putin, lei è un’infiltrata”. Anche Shkliarov soffre della stessa maledizione della Sobcak: negli Stati Uniti è visto come una spia, in Russia un voltagabbana e non tutti hanno apprezzato il suo tentativo di rendere fresca e seducente la politica. “Per prima cosa, ho introdotto gadget, adesivi, spille con una grafica accattivante, giovane. Anche la politica ha il suo design e non vedo perché i russi, un popolo creativo, non debbano avere una campagna elettorale, come dire – ride – sexy”.
Vitali si presenta come russo, ma è schiacciato tra due mondi. “Sono molto dispiaciuto per quello che succede tra Stati Uniti e Russia, ma questo non vuol dire che tutti gli americani odino i russi e viceversa. Sanders, ad esempio, non ha mai potuto sopportare Putin, ma crede che i rapporti con Mosca vadano recuperati. Sono importantissimi anche secondo me”. Due universi distanti che Vitali sta cercando di riavvicinare. Un sogno, forse, ma lui ha imparato a sognare in grande e vuole che anche i russi lo facciano. “Non nego che la Russia abbia potuto interferire nella politica americana, ma non credo che abbiano fatto vincere Trump”, confessa contento per la domanda, “io credo in Ksenija, è una ragazza coraggiosa, una pioniera, ma in Russia bisogna cambiare tutto”. “Il vero problema non è Vladimir Putin, ma tutto il sistema, è il Cremlino che forse trasformerebbe chiunque”, e conclude, “anche se Ksenija non dovesse vincere, avrà comunque usato una comunicazione diversa e questo non solo è un messaggio a tutti i russi, ma un punto di partenza”.