Più Brexit, più Trump, più Sanders. La missione del guru “populista positivo” dei due mondi
Chi è Steve Hilton, uno degli ideatori del conservatorismo moderno del Regno Unito e conduttore di Next Revolution, trasmissione che si rivende sui social con un hashtag accattivante: #PositivePopulism
Ogni domenica sera su Fox News va in onda “la prossima rivoluzione”, Next Revolution, una trasmissione che si rivende sui social con un hashtag accattivante: #PositivePopulism, il populismo positivo. Il conduttore è il britannico Steve Hilton, uno degli ideatori del conservatorismo moderno del Regno Unito: ex guru dell’ex premier David Cameron, ex migliore amico dell’ex premier David Cameron. Tutti questi “ex” dipendono dal fatto che Hilton si è rifatto una vita e un’immagine dall’altra parte del mondo, nella Silicon Valley, dove oggi vive con la moglie Rachel Whetstone (è stata lei a portare tutta la famiglia in California, con i suoi incarichi da supermanager in Google, Uber e ora Facebook) e i due figli, “il primo e unico conduttore di Fox News della Valley”, come l’ha definito il New York Times. Maneggiare Hilton non è facile, bisognerebbe chiedere a Cameron quanto può essere complicato e problematico, lui che ha vissuto delle idee di Hilton – ricordate la Big Society? – e poi, nel mezzo della battaglia più importante per i conservatori e per la propria carriera, quella sulla Brexit, è stato abbandonato. Hilton era a favore dell’uscita del Regno Unito dall’Unione europea – da quando Hilton rese pubblica la sua posizione, i due non si sono più parlati – così come è un sostenitore di Donald Trump (ha iniziato come ospite a Fox News lo scorso anno, da giugno ha iniziato la sua trasmissione) e questo lo rende al contempo un animale strano per la Silicon Valley (ha anche il vezzo di vivere senza smartphone) e un interlocutore accettabile anche per chi non è trumpiano, cioè anche per chi non guarda Fox News o non ci vorrebbe mai comparire. Con il manto della positività e della mondanità, Steve Hilton porta avanti la sua agenda, che è quella di dare voce, di difendere, “le vittime dell’elitismo”. Populismo purissimo, insomma, con gli occhi blu e un tono da intellettuale che vuole creare un ponte tra populisti di destra e di sinistra, che nella visione di Hilton sono la stessa cosa, hanno a cuore le stesse persone: i dimenticati.
L’approccio soft non deve ingannare: Hilton sa essere brutale. Domenica sera, nell’ultima puntata, ha mandato il video dei due ex presidenti americani, George W. Bush e Barack Obama, che accusavano l’attuale inquilino della Casa Bianca di tradire gli ideali americani, la natura stessa degli americani. “Finché questi leader dell’elitismo – ha commentato Hilton – non chiederanno scusa, non potranno permettersi di criticare il populismo”. Il populismo, sostiene il guru britannico, non è stato creato da Trump, non è stato creato da Steve Bannon, “è stato creato dalla politica elitista” ed è per questo che gli americani hanno votato per Trump, “e per Bernie Sanders, tra l’altro” ed è per questo che gli europei continuano a votare per i populisti “in Germania, Austria, Repubblica ceca”. Hilton è contro la “élite globale”, e quando qualcuno gli fa notare che vive in una casa da 12,5 milioni di dollari in uno dei codici postali più ricchi di tutta l’America (ad Atherton) lui ha la risposta pronta: contano i tuoi valori, conta il fatto che per me la gente comune con la sua insofferenza non è un nemico, è da proteggere. Il populismo positivo si sostanzia nella capacità di dare opportunità a chi ha visto deteriorarsi il proprio standard di vita, a chi si sente minacciato dagli immigrati e dai politici compassionevoli nei confronti dei “dimenticati” che poi contribuiscono ad arricchire soltanto chi è già ricco. Populismo purissimo, insomma, che punta alla creazione di un asse tra le classi lavoratrici di destra e di sinistra: un partito dei lavoratori che riabiliti il sogno americano. Questo è importante per Hilton: i custodi dell’americanismo sono gli insofferenti, non le élite. In “More Human”, il libro che Hilton pubblicò nel Regno Unito nel 2015 e che l’anno scorso ha rivisto, nella stagione dell’ascesa del trumpismo, e ripubblicato negli Stati Uniti, Steve Hilton mette le basi del suo “people first” che già aveva tentato di introdurre nel governo conservatore di Cameron: decise di andarsene quando si accorse che il premier non era abbastanza coraggioso nel voler proseguire la “politica dal basso”. In America Hilton spera di avere più fortuna, i due segmenti più popolari della sua trasmissione sono “Swampwatch” e “Decadent DC”, in cui bastona le élite e monitora il lavoro della Casa Bianca. Dove stia la positività ancora non è chiaro.
L'editoriale dell'elefantino