Dopo Weinstein chi è il prossimo?
Il caso del produttore americano ha rotto gli argini della caccia all’orco, cioè al maschio
New York. La rivoluzione culturale si può proclamare compiuta quando la domanda che trascina la caccia all’orco cessa di essere “che cos’ha fatto?” e diventa “chi è il prossimo?”. Ogni giorno un nuovo mostro viene smascherato, licenziato, trascinato nel disdoro, ogni giorno nuove vittime riemergono dal passato del trauma femminile collettivo, riaffiora il ricordo del cronista famoso e potente che dice vieni qui, siediti sulle mie gambe mentre correggiamo questo tuo articolo, e una volta sedute le malcapitate capivano senza spiegazioni dove s’andava a parare. La campagna #metoo, racconto dell’inappropriate che il corpo di ogni donna ha dovuto subire prima o poi, ha partorito inevitabilmente il complementare #youtoo?, passaggio dalla confessione del dramma alla fase inquisitoria. Anche tu sei stato un carnefice? Presto il punto interrogativo scomparirà, e nel diagramma dell’universo maschile si procederà ad allargare il sottoinsieme dei maiali fino a farlo coincidere con quello degli uomini.
Abbiamo commesso l’errore di credere che quello di Harvey Weinstein fosse soltanto un terribile caso di cronaca, quando invece era la rottura di un argine, l’inizio di un processo all’intero genere maschile. Megyn Kelly, la anchorwoman che proviene da quella sentina di molestatori seriali che era Fox News prima della grande bonifica ordinata dalla famiglia Murdoch, lo ha annunciato fieramente: quella che fino a ieri era una flebile pioggia di accuse, spesso inascoltate, oggi è uno tsunami. E lo tsunami travolge ogni cosa. Chi sarà il prossimo uomo a finire travolto dall’ondata dello #youtoo? L’ultimo è il riverito giornalista Mark Halperin, ma prima sono finiti nella rete Bill O’Reilly, Roy Price, Bill Cosby, Leon Wieseltier, James Toback e moltissimi altri. Chi ha visto le sacrosante liste degli “uomini di merda”, che circolano fra giornaliste e persone dello spettacolo per tenere il conto dei predatori che esercitano indisturbati il loro potere, dice che ogni personaggio è corredato da accuse generiche oppure specifiche, si va dagli episodi circostanziati fino alla vasta categoria dei creepy as fuck, personaggi bavosi che fanno battute fuori luogo, guardano nelle scollature, offrono complimenti pesanti, si compiacciono di mettere in imbarazzo donne che di solito occupano posizioni professionali inferiori. Nella furia di scovare l’uomo creepy è finito anche George H.W. Bush, 93enne sulla sedia a rotelle reo di aver palpeggiato ragazze giovani che posavano accanto all’ex presidente per alcune foto di circostanza. Non sono accuse gravi quanto quelle imputate a un Weinstein, s’intende, ma quando si compilano liste dei peccatori diventa poi difficile fare distinzioni. A tutti sono imposte le scuse rituali, e anche Bush si è dovuto adeguare.
I peccati maschili si stanno rapidamente distaccando dalla sola sfera sessuale. Una anonima “veterana del media business” ha scritto ad Axios un atto d’accusa, pubblicato con grande evidenza, contro gli screamers, gli uomini che in redazione usano le urla per intimidire e affermare il proprio potere: “Se vi state guardando nella vostra azienda per capire chi sono i molestatori, iniziate dagli uomini al potere che fanno i prepotenti, che gridano contro i sottoposti, li vessano, sembrano trarre godimento dalla loro umiliazione, spesso pubblica. Tutti li conosciamo. Tutti abbiamo lavorato con loro. C’è una chiara correlazione fra quei comportamenti e questo...”. Il capoufficio che urla è un molestatore che non è ancora stato smascherato, e il suo comportamento “non sarà più tollerato”. Si attende il giorno in cui la lista degli “uomini di merda” sarà così completa che sarà intitolata soltanto “uomini”. Viene fuori così che, per paradosso, aveva ragione il vicepresidente, Mike Pence. Quando si è saputo pubblicamente che Pence si attiene alla “regola di Billy Graham”, che suggerisce agli uomini sposati di non mangiare o bere mai da soli con donne che non sono la moglie, è esploso il coro liberal contro il sessismo bigotto di questo intollerabile moralista. Che siano sinistri maestri del casting couch o baciapile evangelici, gli uomini finiscono sempre per opprimere. Che la lotta al patriarcato abbia prodotto un immenso cortocircuito lo dimostra anche il piccolo caso della fotografia di Ellen DeGeneres che simpaticamente scruta il décolleté di Katy Perry: “E’ ora di tirare fuori questi palloncini!”. Se l’avesse scritto un uomo sarebbe nella stessa clinica da cui Weinstein è già fuggito.