La vendetta di Madrid sul "govern" rischia la rabbia della Catalogna
Arrestati otto membri del governo catalano deposto, chiesto un mandato per Puigdemont. Si complicano le cose per le elezioni del 21 dicembre
Roma. La vendetta di Madrid contro l’amministrazione indipendentista della Catalogna è arrivata con forza inattesa da chi si aspettava un piano smaliziato e astuto per riportare la regione ribelle alla normalità e allontanare i sentimenti secessionisti dalla maggioranza della popolazione. La giudice Carmen Lamela dell’Audiencia Nacional spagnola ha decretato la carcerazione preventiva per Oriol Junqueras, il vicepresidente deposto della regione, e per sette altri ex ministri: in pratica, tutto il governo catalano, con l’eccezione dell’ex presidente Carles Puigdemont e degli altri quattro ex ministri ancora rifugiati a Bruxelles, in Belgio. La giudice Lamela ha accolto la richiesta fatta dalla procura della Audiencia Nacional e ha ritenuto che per gli otto membri del governo, accusati lunedì scorso di sedizione, ribellione e malversazione di fondi pubblici, fosse alto il rischio di fuga, di reiterazione dei reati o di distruzione delle prove. Da qui la misura durissima del carcere preventivo. Gli otto, sei uomini e due donne, saranno imprigionati in cinque carceri diverse nell’area di Madrid, e nessuno di loro andrà a Soto del Real, il carcere madrileno dove sono rinchiusi da qualche settimana Jordi Cuixart e Jordi Sánchez, i leader dei due principali movimenti sociali indipendentisti catalani. Oltre all’ex vicepresidente Junqueras, entrano in carcere Meritxell Borràs, Jordi Turull, Raül Romeva, Josep Rull, Dolors Bassa i Coll, Joaquim Forn e Carles Mundó, tutti senza condizionale e senza possibilità di cauzione. Una misura cautelare più leggera è stata prevista per l’ex ministro dell’Industria Santi Villa, che ventiquattr’ore prima del voto sulla dichiarazione di indipendenza si era dimesso dal governo catalano per esprimere il suo dissenso: a lui la giudice ha concesso di poter uscire di prigione in cambio del pagamento di una cauzione di 50 mila euro.
L’attacco giudiziario contro l’amministrazione catalana non si ferma qui. La procura dell’Audiencia Nacional ha chiesto un mandato di arresto per Puigdemont e i quattro ex ministri ancora a Bruxelles. Se concesso, costringerebbe un giudice belga a decidere se estradare in Spagna i cinque politici catalani. Inoltre si è attivato anche l’altro corno dell’inchiesta giudiziaria, quello che fa capo al Tribunale supremo e che vede come accusati Carme Forcadell, presidente del Parlamento di Barcellona sciolto dall’applicazione dell’articolo 155, e i cinque membri della “Mesa del Parlament”, l’organo legislativo che la settimana scorsa ha deciso di mettere all’ordine del giorno la dichiarazione d’indipendenza della Catalogna. I sei parlamentari dovranno presentarsi il 9 novembre davanti al Tribunale, ma nel frattempo su richiesta della procura sono stati sottoposti alla sorveglianza della polizia: hanno dovuto registrare il loro domicilio e lasciare alle autorità i numeri di telefono per essere rintracciabili 24 ore su 24.
Ovviamente, questo attacco coordinato contro tutta la leadership catalana è tale solo in apparenza. Anzi, la mano dura del giudiziario complica probabilmente le cose all’esecutivo di Mariano Rajoy, che ha fatto una scommessa indicendo elezioni in Catalogna per il prossimo 21 dicembre. I membri del governo arrestati sono i leader dei principali partiti indipendentisti e in particolare Junqueras è il presidente di Esquerra Republicana (Erc) che, secondo i sondaggi, è la prima forza politica nella regione. Madrid sta a tutti gli effetti incarcerando i leader dei partiti da battere alle prossime elezioni. Gli oppositori di Rajoy, a partire da Podemos, hanno già iniziato a parlare di “prigionieri politici”, ed è facile che misure così dure imbarazzino anche i membri più tentennanti del fronte unionista, a partire dal Partito socialista. La reazione internazionale rischia di mettere in difficoltà il governo, ma soprattutto c’è da temere una reazione rabbiosa in Catalogna. Negli ultimi giorni il movimento indipendentista era sembrato affaticato, sfiduciato dalla fuga di Puigdemont a Bruxelles e dall’assenza di un piano per dare vita alla repubblica catalana. La giudice Lamela gli ha fornito dei martiri.