Entra in chiesa e uccide 26 persone. Cosa sappiamo della strage di Sutherland Springs
David Patrick Kelley, veterano dell’aeronautica di 26 anni, ha sparato sui fedeli che partecipavano alla messa nella cittadina a est di San Antonio. La polizia lo ha ritrovato morto dopo una breve fuga. Ancora ignoto il movente
Ieri un veterano dell’aeronautica di 26 anni è entrato in una chiesa battista di Sutherland Springs, in Texas, e ha aperto il fuoco con un fucile semiautomatico sui fedeli riuniti, uccidendo 26 persone e ferendone oltre 20. Dopo la carneficina un residente della zona lo ha affrontato con un’arma da fuoco fuori dalla chiesa, l’uomo è fuggito sulla sua auto ed è uscito di strada dopo una breve fuga. La polizia lo ha trovato morto, e non è chiaro al momento se il proiettile fatale sia stato sparato dalla persona che ha tentato di fermarlo, dagli agenti che nel frattempo erano intervenuti oppure la follia si sia conclusa con il suicidio.
Le vittime rappresentano uno spaccato di questa comunità rurale a est di San Antonio che conta soltanto qualche centinaio di abitanti: l’età dei morti va dai 5 ai 72 anni, e fra questi c’erano anche una donna incinta e la figlia quattordicenne del pastore. Una delle vittime è deceduta in ospedale, mentre due sono state freddate fuori dalla chiesa: dalla ricostruzione della polizia il killer ha parcheggiato l’auto presso un benzinaio a pochi metri dall’edificio e ha iniziato a sparare appena uscito dalla macchina, facendosi largo nella First Baptist Church da un ingresso laterale.
May God be w/ the people of Sutherland Springs, Texas. The FBI & law enforcement are on the scene. I am monitoring the situation from Japan.
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 5 novembre 2017
Lo stragista si chiama David Patrick Kelley, è residente nella cittadina di New Braunfels, a 35 miglia da Sutherland Springs, dove, dicono gli attoniti residenti, tutti si conoscono. Gli inquirenti non hanno trovato per il momento nessun legame accertato con organizzazioni terroristiche, e non si sa quale possa essere il movente – ammesso che ci sia. Secondo le informazioni dell’aeronautica, Kelley è stato dimesso in modo disonorevole dal corpo militare per cattiva condotta nel 2014, dopo essere stato giudicato dalla Corte marziale per violenze nei confronti della moglie e del figlio. La condizione di veterano dimesso senza onori gli impedisce di possedere legalmente un’arma da fuoco. Nei giorni precedenti alla strage ha pubblicato sui social alcune foto con un AR-15, il fucile usato per la carneficina. Dal Giappone il presidente, Donald Trump, ha condannato questo “act of evil” e ha vestito i panni del consolatore della nazione, promettendo alle famiglie delle vittime che “non le lasceremo mai sole”. “In tempi bui come questi – ha detto Trump – gli americano fanno quello sanno fare meglio, si uniscono”. Naturalmente la strage ha rinfocolato l’eterno dibattito americano sul controllo delle armi da fuoco. L’ex presidente, Barack Obama, che ha vissuto otto anni di governo punteggiati da mass shooting e si è battuto invano per restringere l’accesso alle armi, ha scritto su Twitter: “Che Dio ci conceda la saggezza di domandarci quali passi concreti possiamo fare per ridurre la violenza e le armi che circolano fra di noi”.
...Americans do what we do best: we pull together. We join hands. We lock arms and through the tears and the sadness, we stand strong... pic.twitter.com/qkCPgtKGkA
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) 6 novembre 2017