Patrick Pouyanné. LaPresse/Xinhua

Un insider ci spiega chi è Patrick Pouyanné, petroliere dell'anno

Francesco Maselli

Il presidente di Total ha raccolto un'eredità difficile, tratta con i dittatori senza scomporsi e ha vinto l'Oscar del suo mestiere

Roma. Il 20 ottobre 2014, all’aeroporto Vnoukovo di Mosca, il jet privato di Christophe de Margerie, presidente di Total, urta uno spazzaneve durante la fase di decollo e si schianta uccidendo sul colpo i tre membri dell’equipaggio e il dirigente. La più grande compagnia petrolifera di Francia, senza guida in un momento di difficoltà sui mercati a causa della crisi del prezzo del greggio, non può mostrare debolezza perdendo tempo per designare il successore. In meno di 48 ore il cda nomina Pdg (presidente del gruppo) Patrick Pouyanné, 51 anni, già direttore generale della branca raffinazioni-chimica. Il suo compito è difficile, non soltanto deve risollevare la compagnia, ma anche prendere il posto di Margerie, “big moustache”, uno degli uomini d’affari più popolari di Francia, conosciuto per il suo carisma e la sua empatia. Quattro anni dopo ne ha pienamente raccolto il testimone. Total è un’azienda florida, che si espande e investe, e Pouyanné, un uomo alto un metro e novanta con un fisico da rugbista, appassionato di viaggi, è il principale artefice del suo successo. A ottobre è stato nominato “petroleum executive of the year”, premio che nel 2015 vinse Rex Tillerson, presidente di Exxon, oggi segretario di stato americano.

  

Marc-Antoine Eyl-Mazzega, direttore del dipartimento Energia dell’Institut français des relations internationales, spiega al Foglio i motivi del successo: “Margerie era un uomo particolare. Carismatico, aveva buoni rapporti con tutti. Però non era ingegnere, un’anomalia nell’universo Total. Pouyanné è cresciuto in azienda, è ingegnere, un profilo di famiglia. L’ho trovato a suo agio nel nuovo ruolo. Certo, all’inizio ha dovuto prendere le misure: prima trattava con dirigenti d’azienda ora con capi di stato, spesso lontani dal modello europeo. E’ un esercizio diverso. Ha il suo stile: meno paziente, più pragmatico. In una cena di lavoro Margerie poteva rimanere a tavola fino alle 5 del mattino a bere whisky e chiacchierare, Pouyanné non è un tipo del genere. Ma è un manager molto capace”.

  

Il presidente di Total è una sorta di ministro degli Esteri, nel 2016 ha percorso mezzo milione di chilometri, inaugurato nuovi impianti, ricevuto premi, incontrato capi di stato. Ma Total, contrariamente a quanto accade in Italia con l’Eni, ha poco a che fare con lo stato francese, che non detiene alcuna azione del suo capitale. “Il rapporto non è lo stesso – spiega Eyl-Mazzega – e spesso gli interessi sono divergenti. Ognuno interpreta il suo ruolo, basti pensare agli ottimi rapporti che Margerie aveva con i politici russi e alle parallele tensioni tra Francia e Russia. Total è francese, certo, ma è una multinazionale”. La relazione con il nuovo presidente, Emmanuel Macron, è da costruire. Dal 1995 al 1996 Pouyanné è stato direttore di gabinetto di François Fillon. Il Figaro racconta che da ministro dell’Economia Macron lo chiamò presentandosi solo con il suo nome e Pouyanné rispose “Emmanuel chi?”. I due non sono amici, nota Eyl-Mazzega, ma si stimano e sono consapevoli che su molte questioni è interesse reciproco lavorare assieme. Pouyanné non ha mai nascosto la necessità di fare affari con tutti i paesi, anche dove i diritti non sono rispettati: “Mi piacerebbe avere un giacimento nel mio giardino di casa. Purtroppo non è così: noi siamo un’impresa commerciale, andiamo dove c’è il petrolio, non succede ancora il contrario”, ha ripetuto più volte. Si è però impegnato a diversificare le attività del gruppo: le energie rinnovabili rappresenteranno il 20 per cento della cifra d’affari di Total entro il 2035: “Investire nelle rinnovabili non vuol dire che Total abbia abbracciato l’idea della fine del petrolio, anzi – dice Eyl-Mazzega – L’analisi di Pouyanné è che bisogna differenziare i mercati dove l’azienda è presente, ma che la domanda di petrolio aumenterà”. Il nuovo Pdg ha lanciato una dura campagna di spending review: “Pouyanné ha utilizzato gli stessi metodi vincenti che gli hanno permesso di risanare la branca chimica, che prima del suo arrivo era in grande difficoltà”.

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