Emmanuel Macron e Angela Merkel (foto LaPresse)

Senza un governo a Berlino, il duo Merkel-Macron perde slancio

Paola Peduzzi

Lo stallo in Germania rallenta le riforme. E c'è grande delusione per l’Eba perduta

Siate responsabili, dicono Angela Merkel, cancelliera tedesca, e Frank-Walter Steinmeier, presidente tedesco, rivolgendosi ai partiti della Germania che hanno la possibilità di formare una coalizione di governo, ma non la vogliono sfruttare. Liberali e socialdemocratici sono i destinatari dell’appello, entrambi potrebbero rispondere, entrambi hanno fatto e fanno altri calcoli, un po’ più egoistici, ma la politica si sa è anche questo. Intanto l’Europa trattiene il fiato, di nuovo. Il 2017 doveva essere l’anno della devastazione europea e invece si è rivelato tutto il contrario, il neoeuropeismo è diventato mainstream, e pure i dati economici, galvanizzati da questa rinnovata fiducia, sono ora più rassicuranti: ma ora le attese sono grandi, non si può solo parlare di quanto è utile e necessario stare insieme, bisogna dare forma al nuovo progetto comunitario, ci sono le riforme e c’è un calendario da rispettare, altrimenti l’occasione sarà di nuovo perduta. Ma l’assenza di un governo con pieni poteri a Berlino è destinata a “rallentare ulteriormente” i progetti di rilancio dell’Ue, spiega al Foglio una fonte europea, citando “le idee che piacevano a Merkel” come la riforma di Dublino, la creazione di un ministro delle Finanze della zona euro e l’istituzione di un Fondo monetario europeo. C’è “una finestra di opportunità di un anno e mezzo” per realizzare passi avanti prima delle elezioni europee del 2019, ma per fare progressi reali c'è “bisogno di una Germania forte”.

 

Secondo la fonte, “non c’è tempo da perdere”. L’ipotesi di nuove elezioni appare la più tremenda a Bruxelles, la commissione europea sembra propendere per un governo di minoranza, anche se è iniziato un lavorìo per convincere l’Spd a rivedere la propria posizione e anche se la stessa Merkel dice che la garanzia di stabilità potrebbe essere un eventuale nuovo voto. Ma gli equilibri europei sembrano di nuovo in discussione dopo le assegnazioni lunedì di due agenzie che devono lasciare Londra (anche se molti dipendenti non sono contenti) per essere ricollocate sul continente: la Germania voleva che l’agenzia bancaria, l’Eba, andasse a Francoforte, “città delle banche”, polo d’attrazione naturale, ma ha vinto Parigi: in quel calcolo sbagliato sta la grande delusione tedesca e stanno i sintomi di un gioco europeo improvvisamente poco lineare.

 

Angela Merkel non soltanto guida la più grande economia dell’Ue, è anche il centro di gravità del rilancio europeo, assieme al presidente francese, quell’Emmanuel Macron che è già “en marche” per una nuova Europa. I commentatori oggi sono unanimi nel dire che il collasso del negoziato di governo a Berlino riduce lo slancio del duo Merkel-Macron e quindi delle prospettive di riforma per l’intero continente. L’insistenza sulla debolezza della Merkel si porta molto tra i dignitari d’Europa, da due mesi si parla della Germania come se il partito della cancelliera non fosse comunque il primo, ma è vero che la politica dell’Ue è da sempre condizionata – nelle sue tempistiche – dai voti e dalle geometrie della politica interna dei vari stati membri. Con la Germania l’effetto è moltiplicato, visto il peso specifico e visto che buona parte della revisione del costrutto europeo è stata delegata all’iniziativa della cancelliera e del suo “amato” Macron. La road map dell’Ue prevedeva già un primo appuntamento a dicembre per contarsi, come si dice, sui vari dossier in discussione, ma l’esordio è rimandato, e con esso slittano le scadenze successive. Questo non significa che il processo di riforma è ipotecato, ma il 2018 sarà un anno decisivo per l’Ue: lo diciamo quasi tutti gli anni, è vero, ma conta anche il contesto. Nel 2017, all’Ue bastava sopravvivere all’ondata di destabilizzazione interna ed esterna (russo-americana per lo più): per il 2018 le aspettative sono ben più alte, e con esse il rischio di fallimento.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi