L'appoggio esterno dell'Spd a Merkel potrebbe determinare una stabilità effimera
I socialdemocratici tedeschi si tormentano sulla “responsabilità”, ma coalizioni a metà possono portare all’immobilismo
Bruxelles. L’Unione europea ha bisogno di “un governo tedesco funzionante”, perché senza il via libera della Germania non ci sarà modo di “andare avanti” sulla riforma della zona euro, sul bilancio pluriennale o sulla modifica delle norme di Dublino, ha ricordato giovedì il commissario europeo al Bilancio, il tedesco Günther Oettinger. Martin Schulz, il leader dei socialdemocratici tedeschi, malgrado la disfatta delle elezioni del 24 settembre, ha lasciato un pezzo di cuore a Bruxelles, dove è stato per cinque anni presidente del Parlamento europeo. Sa meglio di chiunque altro a Berlino quanto importante sia la cancelliera Angela Merkel per l’Ue che cerca di ristrutturarsi sullo slancio dell’elezione di Emmanuel Macron all’Eliseo. Questo è uno degli argomenti che ha usato giovedì il presidente della Repubblica federale, Frank-Walter Steinmeier, ricevendo Schulz per convincerlo a entrare in una grande coalizione con Merkel: la Spd ha una “responsabilità” nei confronti della Germania e dell’Europa. Ma Schulz, che ancor prima del voto aveva annunciato di voler andare all’opposizione per rilanciare le sorti della Spd, è anche un leader testardo. Prima del suo incontro con Steinmeier, dopo una lettera di una ventina di deputati socialdemocratici che gli chiedevano di ripensarci, sono circolate voci su possibili dimissioni di Schulz. Secondo Bloomberg, il massimo che Schulz sarebbe pronto a concedere è il sostegno esterno per far nascere un governo di minoranza. Dopo l’incontro con Steinmeier, Schulz ha informato la direzione del suo partito. Il problema, tanto per la Germania quanto per l’Ue, è che la responsabilità dimezzata dell’Spd nel quarto mandato Merkel sarebbe una ricetta per instabilità e immobilismo.
La parvenza di stabilità che verrebbe da una conferma di Merkel alla cancelleria anche senza maggioranza non convince Bruxelles. “Il governo di minoranza e le elezioni sono le ultime due possibilità”, ha spiegato Oettinger, dando voce alle preoccupazioni di molti dentro la Commissione.
Oettinger ha indicato la coalizione Giamaica come la sua soluzione preferita, perché i socialdemocratici sono stati “troppo destabilizzati dai risultati delle elezioni”. Per la ristrutturazione dell’Ue ci vorranno molto tempo, duri negoziati e concessioni impopolari. “La Germania è il più grande contributore” della zona euro, ha ricordato Oettinger: un Fondo monetario europeo, un bilancio della zona euro o un ministro delle Finanze per l’Unione economica e monetaria “non possono essere decisi senza la Germania”. Ma, quando si tratterà di prendere decisioni nei Vertici di Bruxelles, Merkel non potrà fare di testa sua. Già oggi la Legge fondamentale tedesca esige che la cancelliera chieda l’autorizzazione del Bundestag. Con un governo di minoranza, dovrà farlo con estrema umiltà. E con il clima attuale della politica tedesca, con i liberali di Christian Lindner e la Csu bavarese pronti a fare a gara con i populisti di Alternativa per la Germania su chi ha la linea più dura sulla zona euro, anche l’Spd potrebbe essere tentata da una virata antieuropeista se non sarà formalmente legata a Merkel da un accordo di coalizione. Lo stesso vale per i sogni di una Difesa europea, su cui si sommano i pacifismi dell’Spd e dei Verdi. “Più che la volontà, a Merkel potrebbero mancare i numeri per fare il grand bargain con Emmanuel Macron”, spiega al Foglio un diplomatico europeo. L’Ue vorrebbe a Berlino un esecutivo tanto solido quanto stabile. “Per ora guardiamo alla possibilità di un governo di maggioranza, che è sopra lo zero”, ha detto Oettinger, ricordando che “anche alcune personalità nei liberali vogliono stabilizzare l’Europa e vogliono più Europa”.
Il sostegno esterno da parte della Spd aumenta anche il pericolo di un incidente interno, che renderebbe la stabilità di un Merkel IV ancor più effimera. I socialdemocratici hanno interesse a radicalizzare lo scontro con la Cdu-Csu per far dimenticare gli anni della grande coalizione. Se Merkel dovesse lanciarsi in programmi di riforma troppo liberali – come tagli alle tasse o un innalzamento dell’età pensionabile – l’Spd potrebbe decidere rapidamente di togliere il proprio sostegno. Prudente calcolatrice, difficilmente Merkel sarebbe pronta a correre rischi. Meglio continuare a vivere di rendita sulle riforme dell’èra Schröder, che permettono alla Germania di oggi di essere una potenza economica mondiale. Ma domani? Se l’immobilismo è il prezzo della stabilità merkeliana, la Germania e dunque l’Ue potrebbero trovarsi nei guai.